Vivere in Australia: pro e contro quali sono? Oggi festeggio i tre anni passati down under, ed è tempo di riflessioni. Com’è andata finora per me?
Come iniziò la mia vita a Melbourne
Tre anni fa, precisi precisi, intontita come dopo un’anestesia scendevo insieme ad A. dal secondo dei due voli internazionali consecutivi, pregavo di non scoprirmi trombi nelle gambe e mi mettevo in coda per giurare di non stare introducendo nel continente pesci affumicati, sabbie mobili o radici di piante carnivore. L’incomprensibile accento e lo sguardo severo ma giusto dell’ufficiale della dogana mi facevano sentire esotica come se stessi sfoggiando tacchi da flamenco, nacchere e maxi-ventaglio.
Poi salivo su un bus navetta a due piani e da lì su un tram, sconvolgendomi di come alla sera le strade di una metropoli fossero così poco illuminate. I conducenti di sicuro si orientavano con gli infrarossi. Il crimine qui doveva proliferare peggio che a Gotham City.
Depositavo i bagagli nel residence prenotato dagli antipodi e mi rallegravo di quanto fosse spazioso e confortevole. Era forse l’inizio di una nuova vita di lussi sfrenati?
Poco dopo divoravo – non per fame, ma per gusto – un enorme hamburger nell’unico pub poco lontano che serviva cibo fino a tardi, illudendomi che trovare così facilmente da mangiare fosse la norma ovunque; e brindavo alla follia che si era appena compiuta, lasciando una mancia smodata all’uscita per ingraziarmi il Fato.
Infine crollavo a letto per un numero indefinito di ore, senza togliere dal polso nessuno dei tre orologi che portavo allora: per il tempo vecchio, per il tempo nuovo e per quello dei ricordi.
Mi svegliavo con una luce nuova, e fuori dalla finestra tutto appariva simpatico e colorato.
La mia vita australiana oggi
Oggi porto un solo orologio; ne vorrei un altro ben preciso ma Amazon non me lo spedisce fin qui, sancendo nel più realistico dei modi il mio appartenere a un universo di serie B.
Non mi ricordo più cos’è il denaro contante e come si maneggia, né mi preoccupo in ogni momento che mi borseggino.
Che sia estate o inverno non esco di casa senza occhiali da sole, crema solare e una buona dose di pazienza.
Quando viaggio fuori città, in macchina tengo un kit di emergenza da usare su eventuali marsupiali feriti lungo la strada.
Per rivolgermi a qualcuno nello spazio pubblico, oltre a salutarlo gli chiedo come va, senza ascoltare la sua risposta.
Sono ugualmente aperta a persone di ogni origine e provenienza senza farmi influenzare da pregiudizi (a parlare qui è Vulpis!).
Tranne quando la gente del posto apre bocca per parlarmi: allora mi preparo ad affliggermi interiormente, e tuttavia a rispondere che è tutto grandioso e fantastico.
A casa uso spesso un italiano dai costrutti inglesi, con effetti grotteschi.
Se al supermercato trovo il pecorino romano lo esamino sospettosa per accertarmi che non sia un falso, ma poi assaggiandolo mi commuovo e gli scatto un set di foto ricordo.
Mi vesto con colori e abbinamenti discutibili e mostro il mio corpo in maniere ormai del tutto naturali, ma che in Italia susciterebbero sdegno e riprovazione oppure sguardi da molestatori seriali; e mi domando come riuscirò a riabituarmi al vecchio mondo, quando sarà.
Vivere in Australia, pro e contro: bilancio di tre anni
Accorgendosi della ricorrenza, Lucy, il mio vombato che segue trotterellando ogni mia mossa e che ama interpellarmi, mi ha chiesto: lo rifaresti di emigrare così lontano e così a lungo? Lo consiglieresti ad altri?
Ci ho pensato tanto ma non ne sono venuta a capo.
Ecco quel che c’è da mettere sul piatto della bilancia, che come per chiunque è una bilancia molto personale.
Leviamoci subito le cose brutte.
Vivere in Australia, pro e contro: i no
- La depressione grave, quella che ho conosciuto qui;
- L’isolamento, la solitudine e la nostalgia degli antipodi, che non assomigliano alle altre forme più lievi o intermedie;
- La gente. Ho incontrato poche persone interessanti e causa depressione le ho scoraggiate dal volermi conoscere, oppure le ho pian piano respinte; o ancora non ho saputo conversarci in maniera abbastanza fluida perché avevano un accento osceno;
- Ho assistito all’insorgere di malesseri simili ai miei nella persona che amo, e non sono stata in grado di aiutarla;
- Non sono diventata la perfetta bilingue inglese che speravo, perché ho ridotto il mio parlare all’essenziale;
- Il tempo e i soldi che ho speso per un diploma poi servito solo per pochi mesi, prima del patatrac pandemia;
- L’aver visto la gente locale (nei negozi, negli uffici, nelle scuole, nelle organizzazioni) sprecare il tempo altrui a livelli inconcepibili,e l’essermi dovuta abituare ai ritmi lenti;
- Aver potuto contare solo sulla mia media intelligenza e bagaglio culturale e non su quelli degli altri intorno a me;
- Quel sentirmi stupida nelle conversazioni online con i connazionali, ormai abituata qui ad amalgamarmi verso il basso;
- Non aver mai smesso di rivoltarmi contro l’odiosa differenza temporale che per tante ore al giorno mi separa dalle persone che contano;
E ancora:
- Non ho ancora osato guidare in Australia, perché qui le auto sono stra-aggressive;
- Mi sono ritrovata a vivere di nuovo negli anni Novanta;
- Mi sono persa matrimoni e nascite di figli di cari amici e ho pianto da lontano per non esserci;
- Sono stata il solito schifo sul mantenere altri importanti contatti/rapporti umani a distanza;
- Non ho ancora trovato degli yogurt magri alla frutta decenti.
Vivere in Australia, pro e contro: i sì
- Ho viaggiato in posti bellissimi e spesso impensabili, che altrimenti non avrei mai avuto modo di conoscere;
- Mi sono innamorata della Tasmania e ci sono tornata ancora e ancora;
- Ho contemplato tanti koala – era il mio sogno – e sono diventata brava a scovarli sulle cime degli eucalipti;
- Ho adottato da un rifugio due creaturine dolcissime che la sera amano farsi coccolare sul divano, e avuto la certezza che non vivrò mai più senza animali;
- La comprensione di cosa significhi vivere più facilmente, e di perché lo chiamino “the lucky Country”;
- Il rapporto molto più intenso con la natura;
- I vombati, le calopsitte, i cacatua e svariate altre creature meravigliose scoperte e incontrate da vicino;
Poi:
- Ho conosciuto una civiltà mediamente più gentile e disponibile di quella del vecchio mondo;
- Ho vissuto nel nuovo e nel diverso, assorbendo nuove idee e nuovi modi di fare;
- Mi sono portata addosso lo spirito da turista anche nella vita di tutti i giorni;
- Ho capito appieno che restare a Parigi era profondamente malsano, e ho detto addio ad amicizie francesi tossiche;
- Ho fatto il lutto di tante situazioni legate al mio 13 novembre;
- Mi sono sentita più al sicuro da attentati e dalla criminalità;
- Possiedo molta più consapevolezza di come funziono, dei miei pregi, difetti e stati di salute mentale, e accetto tutto molto di più;
- Sono stata ancora più grata di condividere la mia vita con una persona;
- Sono stata in salute fisica;
- Ho potuto decidere di studiare ancora, di fare volontariato come modo per conoscere tante realtà, e scegliere se e quando lavorare;
… pare che vincano i pro!
Infatti ce n’è ancora qualcuno:
- Lo stage che ho fatto in cui tutti mi hanno trattata benissimo, e dove alla fine mi sono stati offerti una grossa mancia inattesa e un lavoro bello;
- Questo blog! Mi ha motivata quando stavo male, e grazie a Lucy ho conosciuto comunità di persone che mi hanno dato tanto e hanno incoraggiato il mio amore per il raccontare;
- Ho seguito corsi online, ho imparato da sola a scrivere per il web e ho trovato il mio mestiere dei sogni;
- Ho abitato per tre anni in un appartamento comodo e accogliente, senza più traslochi tra Airbnb parigini in ogni periodo dell’anno, e mi sono sentita davvero a casa;
- Non sono diventata ricca ma ho potuto fare acquisti e trattarmi bene senza ansia di non arrivare a fine mese;
E infine:
- Ho comprato un punching ball, e con i guantoni gliene ho date tante e mi sono sentita in pace;
- Finalmente ho realizzato che compiere quarant’anni sarà bello, non brutto; che sono nata più per essere adulta che giovane, e che là fuori mi attendono ancora tantissime cose;
- Ho constatato che un posto può anche essere bellissimo, ma che se non lo desideri con tutta te stessa non te ne farai mai assimilare;
- Adesso so che l’Australia ormai fa parte di me nel bene e nel male, ma che un bel giorno tornerò in Europa e che, da allora, down under non rimetterò piede mai più.
Vivere in Australia, pro e contro: ne è valsa la pena?
Consiglierei di venire a vivere qui? E chi sono io per dare consigli?
Lo rifarei? Davvero non lo so. Forse sì, nonostante tutto. Forse no, ma va comunque bene così. C’è un senso in tutto questo, che si sta pian piano facendo strada. Auguri a me.
E auguri anche a voi, se arrivate da Google perché volevate sapere come si sta qui. Spero di avervi un pochino risposto. In bocca al lupo.
E come sempre, un enorme grazie a voi tutti che mi leggete e tenete vivo il blog, ovunque siate. ❤
Ti è piaciuto questo post?
Segui Lucy the Wombat su Facebook!
Iscriviti qui sotto per ricevere i nuovi post via e-mail (il tuo indirizzo verrà utilizzato automaticamente solo per questo scopo).
Grazie e buona lettura! 🙂
Lascia un commento