Pesci, eroi, e voi: come riconoscere la depressione (for dummies, ma anche per Han Solo)

La depressione (vera), spiegata a chi non l’ha mai incontrata. Assistenti speciali: una creatura australiana timida e sottomarina, e un noto cattivo cinematografico.

seppia gigante

Per l’accessoria e amena rubrica “disagio mentale” ci eravamo lasciati con un ospite d’eccezione, lo stress post-traumatico o PTSD. Un disturbo irrequieto e turbolento ma dall’aria perbene, di buona famiglia, che avevo cercato di raccontare sulla base della mia esperienza.

Se avessi dovuto scegliere una bestia delle mie parti per rappresentarlo, com’è un po’ consuetudine su questo blog, avrebbe senz’altro vinto la seppia gigante, l’animale marino dalla personalità così instabile da cambiare colore, e persino forma e consistenza, a ogni piè sospinto, e che per galleggiare usa un osso. Perché col PTSD è un po’ così: sei insieme tutti quanti e non sei più nessuno, e le ossa ti mandano su e giù. Da sfiancarsi.

Ma questa per me è acqua (quasi) passata. È stato un oceano fa, diciamo. Sono al next level, sconfitto il quale presumo che diventi tutto, o almeno molto, in discesa, e che trovare il Santo Graal sembri un giochetto da “vado e torno”.

Perché il PTSD è feccia, ma oggi penso a lui come a un tenero cucciolo relativamente inoffensivo rispetto alla sua cugina più grande, assai più malvagia e nefasta: la depressione. Perché col PTSD vuoi ancora vivere, e pure parecchio. Vuoi fare cose, e pure troppe. Con la depressione no. Non vuoi più nulla.

piante grasse

Perché voglio raccontare della depressione?

  • Per lo stesso motivo per cui i primi ominidi, alla scoperta del fuoco e senza sapere che si originasse da una scintilla e dalla combustione dell’ossigeno, si spaventarono a morte e ci misero un po’ per imparare a gestirlo.
  • Perché ho fatto una fatica boia a capire da cosa fossi affetta. Perché in giro non se ne parla abbastanza e quando lo si fa, si rischia di dipingere chi ne soffre come persone svogliate, apatiche, che non sanno reagire agli infausti colpi di coda della sfortuna. Dei deboli, che un po’ se la cercano o quasi quasi se la meritano.
  • Perché spero di essere utile a qualcuno. La depressione vi artiglia e vi si avvinghia, ma è possibile farla addormentare e guadagnarsi uno spazio di libertà e di vita più o meno normale. Siete soli nella depressione, sì, ma là fuori ci sono altri come voi. Non c’è niente di intrinsecamente sbagliato in voi, la depressione non è colpa vostra. Si può curare, attenuare, persino guarire. Ma prima ancora, la si può e la si deve conoscere, capire e accettare.
  • Perché per molti è ancora un modo di dire. Si è depressi perché finiscono le vacanze, perché i colleghi sono stronzi… No! Questa non è depressione, confonde le acque e bisognerebbe smetterla di chiamarla così, nel rispetto di chi già fatica a comprendersi e a definirsi. Questa è vita normale, con il suo generoso carico di sfighe e accolli. La depressione invece è una patologia, si origina da squilibri chimici nel cervello, da alcuni neurotrasmettitori che non vengono più prodotti in quantità sufficiente (vuoi per traumi, per predisposizione genetica, per esperienze di vita). Ciò causa alterazioni dell’umore, della coscienza, del corpo e della visione del mondo, fino ad invalidare la vita psichica e sociale di una persona.
piante grasse

Due assistenti speciali

Chiamo ora ad assistermi due creature che mi faciliteranno il compito di introdurre la bestia nera: direttamente dalle acque australiane, il blobfish, e dalla galassia di Star Wars, Jabba the Hutt. Cos’hanno in comune? Che quando cerco di concepire visivamente me & la depressione, mi appaiono costoro.

Il blobfish è un pesce talmente depresso che vive parcheggiato sul fondo marino, con questa faccia qui:

blobfish foto da un libro

Ha il corpo interamente gelatinoso, per sopportare una vita sotto la pressione delle profondità che abita (parliamo di più di mille metri sotto il livello del mare). È solo poco più denso dell’acqua che lo circonda, perché altrimenti non sarebbe proprio in grado di muoversi. E appena lo togliete dal suo habitat, il suo corpo gelatinoso si sfalda da tutte le parti, come probabilmente anche la sua fragile psiche.

L’enorme Jabba the Hutt invece incarna non la vittima ma il carnefice, la depressione in persona, per via di ciò che combina ai due amatissimi eroi Leila e Han Solo.

Jabba-The-Hutt
(Web photo)

La Principessa Leila, bella, coraggiosa e grintosa, una volta prigioniera di Jabba la incontriamo così, scippata dei suoi panni e incatenata a lui per il collo:

leila-in-bikini-incatenata
(Web foto)
ian-solo-nella-grafite
(Web foto)

Sappiamo anche che fine fa fare il mostruoso Jabba a quel gran figo di Han Solo: congelato, immobilizzato nella grafite, con una delle smorfie più dolorose di tutta la cinematografia, a tempo indeterminato finché chi lo ama non accorre a salvarlo. (Buona notizia: entrambi i nostri eroi in seguito sconfiggono Jabba. Si può).


Fenomenologia della depressione

Dopo queste graziose immagini, vado al punto rivolgendomi a chi la depressione non ce l’ha e vuole capirla, e a chi è in dubbio se ne soffra davvero oppure no.

piante grasse 4

1) Pensate alle cose che vi piacciono. Che l’elenco includa la caciotta affumicata o Shakespeare, nuotare con i delfini o l’arte moderna, Ronaldo o la speculazione, non importa. Queste cose vi piacciono, vi dicono qualcosa, magari sorridete al loro pensiero, chi ve ne parla ottiene la vostra attenzione.

2) Adesso pensate a cosa volete dalla vita. Un incontro romantico, un aumento di stipendio, uno stipendio, il tappeto visto sul catalogo, il perdono, un tramonto rosso e viola, una cantina piena di vini pregiati, cinquanta euro trovati per strada, un nuovo laptop. Tutti desiderano qualcosa.

3) E infine pensate al futuro. Come sarete? Un “io” un po’ più maturo, qualcosa in più di fatto, nuovi posti visti, qualche ruga nuova… Se immaginate il voi di un lontano domani, più o meno a fuoco, lo intravedete.

Ora: al depresso non piace niente. Non vuole niente. Non immagina niente. Il suo cervello non glielo permette.

Zero assoluto

A chi è depresso manca l’energia vitale di base, quella che non notiamo mai perché è scontata, è il presupposto di ogni nostra azione. Non è nemmeno la volontà: è l’energia della volontà.

Da sani, si può odiare l’idea di andare a una riunione, ma si riuscirà comunque a trasmettere al proprio corpo l’impulso di prepararsi, uscire di casa e recarvisi. Ecco, uno che è depresso questo impulso di base non ce l’ha più. L’energia vitale in lui viene meno, quella forza naturale che fa sì che ci si alzi al mattino, si vada in bagno, ci si nutra, si scenda a prendere la posta, si esca nel mondo e si facciano cose, si abbia un ruolo sociale, ci si informi, si legga un nuovo capitolo, si guardi un film, si scrivano messaggi, si mandi avanti un blog, si intrattengano relazioni.

La depressione azzera tutto questo, lo soffoca sotto un manto di pensieri di morte e di inutilità. Il cervello è occupato unicamente a ruminare sentimenti di impotenza, disperazione e mancanza di senso su scala universale, assoluta. C’è solo questa coltre nera grande come tutto il mondo, che il depresso distingue esattamente in ogni suo ricamo e di cui sente tutto il peso, mentre gli altri no.

Il depresso perciò è esausto: pensa in continuazione, in genere rimpiangendo di essere al mondo e sentendosi un peso per le persone care e un disturbo per tutte le altre. Vorrebbe parlarne ma non ne ha la forza. Gli dicono “sforzati”, “prova”, il che per lui è una coltellata, perché ha disimparato come si fa, è come se gli chiedeste di respirare sott’acqua: non è che non vuole, non può.

Per il depresso soprattutto è terribile scegliere, anche e soprattutto nelle piccole cose. “Crema o cioccolato?”, e il depresso si inabissa nell’ansia, perché a lui non importa di niente, come gli si può chiedere di esprimere una tanto stupida preferenza? Che ne sa lui, cosa gli interessa? Decidete voi per lui, lasciatelo in pace a macerarsi.

Help!

Il depresso vorrebbe disperatamente essere aiutato, ma non ha la forza di chiederlo. Per iniziare un percorso di terapia bisognerebbe cercare uno specialista, prendere appuntamento, passare prima dal medico di base per la modulistica (qui in Australia funziona così), e poi, appunto, andarci, dallo psichiatra e/o dallo psicoterapeuta, con le proprie gambe. Un depresso grave non potrebbe mai fare tutto questo da solo.

Il depresso ha memorizzati nel telefono i numeri utili per comunicare con un professionista della salute mentale via messaggio o chat, meno invasivi del dialogo; ma si considera meno di zero e non se la sente di disturbare, soprattutto se già da sano tende a soffrire di sindrome dell’impostore. E poi comunque è così depresso che non avrebbe niente da dire, non saprebbe da che parte cominciare. Continua a pensare di non essere abbastanza grave, che le vere emergenze siano altrove, e intanto passa ore a fantasticare di uccidersi e a come farlo, se solo non esistessero certe persone che non può neanche pensare di ferire con quest’atto. Si vede come un blobfish, un inutile essere gelatinoso che fa acqua da tutte le parti.

Il depresso a volte piange, ma spesso non riesce a provare nemmeno la tristezza necessaria a sfogarsi con un bel pianto. Spera solo di dormire e di non sentire più niente.

drowning girl lichtenstein quadro originale

Il depresso annulla tutti gli appuntamenti, ogni impegno. Non si fa più sentire, non vuole che lo vedano così, perché si identifica completamente con la sua patologia, che non gli lascia nessuno spazio per se stesso. Il depresso dimentica di essere, sotto quella coltre di fumo nero, una persona con delle idee, dei valori, dei gusti, degli affetti e delle gioie.

Sharing is caring

Come si conclude questo post? Non si conclude, per ora. Rimane aperto e possibilista, come la depressione. Che anche per questo va conosciuta, approfondita, integrata nei disturbi socialmente accettabili e non da relegare nel tabù.

Vi sarei grata se condivideste questo post con quelle persone là fuori che hanno ancora bisogno di capire. Tutti conosciamo qualcuno che conosce qualcuno, che conosce qualcuno… Che ha bisogno di sentirsi dire “Andrà meglio”. Perché sì, arriva il momento in cui va meglio, se non per ottimismo almeno per fedeltà alle leggi della probabilità. Questo è stato il mio pensiero-salvagente.

(E così come gli americani hanno imparato a scrivere sui bicchieri di caffè take away “attenzione: scotta!” perché dei cretini che si ustionavano poi correvano dagli avvocati, io ad uso di questa stessa tipologia di utenti specifico: non sono una psicologa e questo post non sostituisce un parere medico).

A presto con una promessa: nel prossimo post, cose bellissime. Davvero.

sole-dietro-a-foglie-rosse

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Lucy the Wombat

Human. Italian. Survived a mass shooting in Paris, moved Down Under for a life reboot. Blogging about Australia, Europe, Italy, beautiful creatures, post-trauma, and this strange world. (Avatar created with: "Le Bouletmaton" by Zanorg).

87 pensieri riguardo “Pesci, eroi, e voi: come riconoscere la depressione (for dummies, ma anche per Han Solo)

  • 9 Ottobre 2018 in 18:48
    Permalink

    non so se hai visto the Big Mouth su Netflix, ma nella seconda stagione, si parla di depressione e la rappresentazione, secondo me molto azzeccata, é di questo enorme gatto viola che ti si posa posa addosso e non ti permette di muoverti.
    poi cuori.

    Rispondi
    • 9 Ottobre 2018 in 18:00
      Permalink

      Che bella immagine, molto accurata 🙂 Personalmente direi più nero che viola. Non so se hai presente quella rappresentazione dei disturbi mentali fatta con le graffette da nonmiricordochi, che secondo me è meglio di tanti trattati. Su sfondo viola sfumato c’è il PTSD, che sarebbe una graffetta rotta, tutta sformata. La depressione è semplicemente una graffetta su sfondo nero opaco. Poi ci sono anche i disturbi alimentari, l’OCD… per me ha colto tutto.
      Cuori a te. 🙂

      Rispondi
  • 9 Ottobre 2018 in 17:59
    Permalink

    Chiaro e bellissimo articolo, tra l’altro sei riuscita a rendere la depressione una cosa stupenda ed avvincente.

    Rispondi
    • 9 Ottobre 2018 in 18:01
      Permalink

      Ma magari 🙂 Scherzo, ho capito cosa intendi, ti ringrazio molto 🙂

      Rispondi
    • 9 Ottobre 2018 in 18:03
      Permalink

      Grazie davvero <3

      Rispondi
  • 9 Ottobre 2018 in 18:25
    Permalink

    Lucy, ti voglio bene! 🙂 Non so perchè te lo dico ma mi viene di dirlo, e così lo dico e basta! Mi hai sorpreso con questo post. Mi ero abituato a leggerti e a scoprire cose molto diverse dai miei paesaggi di una vita e invece scopro una Lucy non solo da trip advisor. I riferimenti ai mostri marini li ho capiti, mi sono apparsi invece estranei i Jabba ecc. – penso sia roba da Fantasy, genere che ho sempre trascurato (e non rimpiango).
    Trovo che il tuo post è generoso, per concludere, e ti trovo sempre intelligente e simpatica, ed è anche colpa tua se mi piacciono sempre così tanto le donne, sotto ogni aspetto, pensa anche nude!
    (Se non sono depresso è grazie a loro, penso a loro e subito mi viene voglia di fare… di non restare gelatina in fondo al mare).
    Nota: ho salutato per te Milano, mi ha risposto una cornacchia di passaggio, devo trovare una forma di saluto più efficace.

    Rispondi
    • 9 Ottobre 2018 in 19:21
      Permalink

      La cornacchia va benissimo, pensa che qua siamo nella stagione in cui le cornacchie attaccano i passanti agli occhi! Ps: ho fatto leggere a Lucy il tuo commento sulle donne umane e ha fatto un grugnito che penso fosse una risata 🙂

      Rispondi
    • 9 Ottobre 2018 in 21:28
      Permalink

      Ah, Jabba & Co. vengono da Star Wars! Idoli incontrastati di una galassia lontana lontana. 🙂

      Rispondi
    • 9 Ottobre 2018 in 17:55
      Permalink

      Eh <3

      Rispondi
  • 9 Ottobre 2018 in 19:11
    Permalink

    Hai scritto un post importante, che finalmente fa chiarezza.
    E’ una malattia, occorre dirlo. E chi crede di averla è probabile che non ce l’abbia (magari avrà qualcos’altro, ma non quello), e chi ce l’ha magari nemmeno la riconosce.
    E’ vile, ti prende sempre alle spalle.
    L’immagine di un orizzonte vuoto e dell’unico desiderio di dormire rendono perfettamente l’idea di una vita senza scopo, che poi non è più vita.
    Ribellarsi, reagire, è indispensabile, non importa tanto il modo e perché. Ecco che qui ritorna il Bruce Willis, anche se il nemico è più bastardo, e non si fa vedere.

    Rispondi
    • 9 Ottobre 2018 in 18:23
      Permalink

      Bruce 😀 God bless lui e la sua canotta 😉 E grazie. 🙂

      Rispondi
    • 9 Ottobre 2018 in 18:24
      Permalink

      Sì <3

      Rispondi
  • 9 Ottobre 2018 in 19:18
    Permalink

    la tua scrittura (e lo spirito che la anima) riesce a rendere semplici anche i problemi più complessi, senza mai banalizzarli.
    complimenti
    ml

    Rispondi
    • 9 Ottobre 2018 in 19:10
      Permalink

      Grazie, Massimo! In effetti ero brava a dare ripetizioni e amavo particolarmente farlo per i ragazzini delle medie, non so se le cose siano correlate ;D

      Rispondi
  • 9 Ottobre 2018 in 20:31
    Permalink

    Anche questo post è bello, in un modo tutto suo, ma è bello. Ed è giusto che si parli della depressione scegliendo immagini e parole giuste, perché è una parte importante della vita, o addirittura è la vita, di molte persone. E delle persone più intelligenti.

    Rispondi
    • 9 Ottobre 2018 in 19:36
      Permalink

      Sì, per qualcuno è la vita intera. Aiuto. Più se ne sa, meglio è! Grazie del commento 🙂

      Rispondi
  • 9 Ottobre 2018 in 20:37
    Permalink

    Ottima, superlativa!
    La depressione, a parer mio è ” la malattia”. Se viene ignorata (parlo delle forme meno gravi), ingenera tutte le altre patologie di cui possiamo essere affetti.
    Ogni male origina da tratti depressivi che ci hanno segnati nella prima infanzia. Possiamo mascherarli o trasformarli in somatizzazioni di vario genere, ma se diventa “assenza del desiderio assoluta” equivale a morte.
    Hai fatto benissimo a scriverne e in modo così puntuale. Bisognerebbe non smettere mai di parlarne, bisognerebbe trascinare in terapia tutti coloro che ne mostrano vistosi, ma anche sfumati, segni.
    Grazie!

    Rispondi
    • 9 Ottobre 2018 in 20:09
      Permalink

      Grazie a te del commento Marilena, sono d’accordo con te: nell’infanzia ci sono molte risposte, era il periodo in cui non ci potevamo difendere. L’assenza del desiderio assoluta è IL MALE. Un bacione!

      Rispondi
  • 9 Ottobre 2018 in 20:42
    Permalink

    Ieri una ragazza mi ha contattata su FB perché aveva letto un mio commento sulla depressione, adesso le linko anche questo tuo post 🙂

    Già, non se ne parla abbastanza, e in generale di salute mentale.

    Tutti dicono “Sono stato dall’ortpedico” senza problemi, quando io dico “Sono stata dallo psichiatra”, crisi mistica tra gli astanti.

    Quindi lo dico SEMPRE, ogni volta in cui mi capita l’occasione; è così che ho scoperto quanti siamo, solo nel mio ambiente solito, dove – a colpo d’occhio – l’unica fusa ero io 🙂

    Rispondi
    • 9 Ottobre 2018 in 20:15
      Permalink

      Il colpo d’occhio spesso mente! 🙂 È verissima questa tua osservazione, quando uno racconta della propria salute mentale le reazioni sono diverse… Che poi la ricerca oggi mostra con sempre più convinzione che fisico e mentale non sono affatto due mondi separati 🙂 Io certe reazioni per un periodo non le ho incontrate, perché quando ho iniziato ad occuparmi della mia salute mentale era post-attentato su indicazione di chi mi aveva assistita da subito, e per tutti (giustamente) era perfettamente normale che io me ne occupassi. Però al di fuori di quel contesto “privilegiato” (tra molte virgolette), è vero che la situazione è diversa, più indietro.

      Rispondi
      • 9 Ottobre 2018 in 20:46
        Permalink

        Come se un ginocchio fosse più importante del cervello 🙄

        Comunque la neurofisiologia spiega come le emozioni siano alla base della parte più antica del nostro cervello, inevitabilmente intercalata in profondità con ogni struttura più recente.

        È biologicamente stupido, non prendersene cura.
        (Avevo già scritto un commento simile ma l’app dice che era impossibile inviarlo, nel caso sul sito te ne trovi due).

        Rispondi
        • 9 Ottobre 2018 in 21:31
          Permalink

          La neurofisiologia è bellissima <3

          Rispondi
  • 10 Ottobre 2018 in 00:28
    Permalink

    Mi sono sempre stati un po’ sulle p- sul cavolo quelli che dicono di continuo “sono depresso”, mentre hanno solo un semplicissimo problema temporaneo. Oppure quelli che sbandierano la loro ansia su Facebook, quando si tratta di una normale preoccupazione. La depressione è una cosa seria, non è uno stato di tristezza da bimbiminkia del cavolo! Che diamine…
    Comunque brava per averne parlato. ^_^’

    Rispondi
    • 9 Ottobre 2018 in 23:48
      Permalink

      Grazie di aver commentato! 🙂 Anche io non sopporto chi usa certi termini a caso, ma in questo caso perché so di averlo fatto anch’io ogni tanto, in tempi non sospetti. Anche per questo ci tengo, io per prima non ci facevo caso 🙂 E siamo a tre “caso” 🤔

      Rispondi
  • 10 Ottobre 2018 in 02:11
    Permalink

    Sei stata bravissima, Lucy, trattando con ironia la cosa più lontana dall’ironia che ci possa essere.
    Davvero, da far leggere a chi non fa lo sforzo di andare oltre per capire cosa significhi soffrire di questo disturbo (facendo inoltre sentire chi ne soffre più solo – no, no quel Han 😁 – che mai).

    Rispondi
    • 10 Ottobre 2018 in 15:12
      Permalink

      Grazie 😊 Io con Han Solo penso ad Han-sia. Pessima, sì, ma tant’è 😅

      Rispondi
        • 10 Ottobre 2018 in 22:56
          Permalink

          Eccome 😉

          Rispondi
  • 10 Ottobre 2018 in 02:16
    Permalink

    Conosco bene purtroppo questa “malattia” spesso derisa e considerata da molti come una non malattia, hai scritto un post veramente eccezionale che descrive molto bene cosa significa la depressione…

    Rispondi
    • 10 Ottobre 2018 in 08:32
      Permalink

      Grazie mille Rosanna. Mi dispiace che tutto ciò non ti sia sconosciuto. 😘

      Rispondi
  • 10 Ottobre 2018 in 06:15
    Permalink

    Possono deridere quanto vogliono, la connessione alto quoziente intellettivo/depressione è certa. Io indagherei questo.

    Rispondi
    • 10 Ottobre 2018 in 08:34
      Permalink

      Di questo non so nulla… Forse una persona con basso quoziente intellettivo (che poi, queste misurazioni un po’ le temo) fa ancora più fatica a rendersi conto di soffrire di una cosa del genere? Sparo, eh.

      Rispondi
  • 10 Ottobre 2018 in 08:21
    Permalink

    Grazie per aver parlato di questo. Io trovo che di malattie mentali si parli ancora troppo poco, soprattutto in Italia, per paura di essere stigmatizzati, additati, esclusi. E così si va solo ad alimentare un circolo vizioso e spaventoso

    Rispondi
    • 10 Ottobre 2018 in 08:36
      Permalink

      È vero, soprattutto in Italia! Qui in Australia finora ho trovato più accettazione, come se la gente (non tutti, ma comunque di più) avesse chiaro che il problema esiste qui e ora, e che se ne deve parlare. Piccoli passi incoraggianti 🙂

      Rispondi
  • 10 Ottobre 2018 in 21:11
    Permalink

    Avevo davvero bisogno di un post come questo. Non avrei saputo descrivere meglio cosa significa la depressione, e il paragone con il blobfish è assolutamente azzeccata! è proprio così che immagino anche io la bestia nera! Io ho una cara amica che ha sofferto pesantemente di depressione per diversi mesi. All’inizio non riuscivo proprio a capire perchè avesse iniziato a sentirsi così inutile e apatica, provavo a inondarla di parole e pensieri positivi, a portarla fuori, a farla divertire. Tutto inutile. Spesso non si presentava ai nostri appuntamenti e dovevo andarla a stanare in casa, dove giaceva inerme in pigiama davanti alla tv. Era assurdo, ma lì ho capito veramente cosa significasse essere prigionieri di Jabba the Hutt; un qualcosa che non aveva niente a che fare con le crisi di pianto e disperazione da preciclo, o con il senso di inutilità nel non riuscire a trovare uno straccio di lavoro in breve tempo. Un qualcosa di veramente grande, e pesante, e soffocante.
    Farò sicuramente girare questo articolo perchè, come dici tu, è importantissimo parlare di più della depressione, portarla alla luce e smettere di nasconderla! ❤

    Rispondi
    • 10 Ottobre 2018 in 20:46
      Permalink

      Grazie davvero Vale ♥️ Spero che la tua amica stia meglio. Ottimo il paragone con le crisi di pianto e tristezza momentanea (o anche di un periodo…), siamo effettivamente in un altro ordine di grandezza. Però ci sono dei “trucchi” e delle tecniche che si possono mettere in atto per autocorreggere i propri pensieri, per indirizzarsi verso le cose piacevoli ed evitare il nulla. Non sempre si riesce, ma quando dopo un episodio depressivo riesci a sorprenderti di nuovo, mettiamo, di un raggio di sole o di una foglia su un albero, piccolezze così, lo apprezzi come non mai 🙂

      Rispondi
  • 11 Ottobre 2018 in 02:04
    Permalink

    Mio padre ne soffre e prima di lui suo padre, che si tolse la vita a seguito probabilmente di una crisi più profonda di altre. Entrambi cominciarono a soffrirne con la pensione: immagina io con che stato d’animo mi vedo tra dieci (forse più, forse meno) anni….!
    Fortunatamente ora c’è un’attenzione diversa e mentre appunto mio nonno non riuscì a venirne fuori, papà ha superato indenne almeno tre fasi acute della malattia. Abbiamo festeggiato proprio il mese scorso i suoi 90 anni e ora è un bel periodo, sta di nuovo bene ed è pieno di vita ed entusiasmo nonostante gli anni e gli acciacchi. E’ una brutta, bruttissima bestia. Una bestia maledetta, perché come dici giustamente tu, ti toglie il gusto della vita e riesce, apparentemente, a cancellare qualsiasi cosa bella tu abbia in torno. Ma la notizia bella è che si sconfigge. Perché è una malattia, non è altro. E’ chimica. E grazie a Dio le medicine sono sempre più efficaci. Ti abbraccio amica mia!

    Rispondi
    • 11 Ottobre 2018 in 11:17
      Permalink

      Grazie di avermi raccontato ciò. È un cane che si morde la coda, perché se ti ritrovi senza più niente da fare passi il tempo a pensare, ti deprimi, e il rischio è che la cosa ti sfugga di mano così che anche volendo tu non riesca più a fare niente. A me basterebbe che di questi sintomi si parlasse di più, perché una consapevolezza della propria condizione è la prima cosa. E a me è mancata a lungo. Penso che in molte famiglie ci siano storie di disturbi mentali non diagnosticati. Se invece sai con chi hai a che fare sai anche quali sono gli strumenti per difenderti. Come in tutto. Bravo tuo padre per questo traguardo dei 90! 🌷

      Rispondi
  • 11 Ottobre 2018 in 05:03
    Permalink

    Bravissima, grazie. L’ho appena condiviso su Twitter, che là fuori c’è tanta gente che deve sapere, empatizzare o sentirsi meno sola.

    Rispondi
    • 11 Ottobre 2018 in 11:11
      Permalink

      Giulia, ti ringrazio tanto!! 🌷

      Rispondi
  • 11 Ottobre 2018 in 23:38
    Permalink

    Hai descritto benissimo il modo in cui si sente chi soffre di depressione. Io, che in depressione vera non ci sono andata, mi sono riconosciuta, in un certo brutto periodo della mia vita, nella persona che non desidera niente, non spera niente, non si aspetta niente. Al contrario di chi, completamente privo di energia, non riesce nemmeno a compiere le più piccole azioni, io facevo tutto come sempre: uscivo, lavoravo, badavo alla casa e ai figli, andavo al cinema o a cena con gli amici, ma senza provare niente. Niente di niente. Poi, piano piano, ho recuperato interesse alla vita. La mia medicina è composta di due elementi: leggere e scrivere.

    Rispondi
    • 11 Ottobre 2018 in 22:45
      Permalink

      Che bella medicina 😍 Io ancora non ci riesco come vorrei. Ultimamente ho letto da più parti di una certa “depressione mascherata”, che assomiglia a quello che descrivi tu. La persona dentro ha il nulla, ma riesce ancora a fare tutto come sempre, il che rende una diagnosi ancora più difficile. Grazie mille per il commento!

      Rispondi
      • 2 Novembre 2018 in 00:13
        Permalink

        Io come marisasalabelle… Per farla breve, dei 3 punti elencati mi manca solo il primo. Non so che cosa ho ma al momento non ho voglia di saperlo. Fuori casa ci vado per il cane, per la spesa e per il calcetto, forse lo sport mi tiene “a galla”, non so…
        In ogni caso, bel post, in alcune piccole cose mi ci sono ritrovata ma al momento va bene così!

        Rispondi
        • 2 Novembre 2018 in 16:39
          Permalink

          Grazie <3 Lo sport aiuta tantissimo! E anche avere un animale. Non ti giudicano e ti amano così.

          Rispondi
  • 12 Ottobre 2018 in 01:59
    Permalink

    Lucy, sono dell’idea che ognuno possa soffrire di una “propria” forma di depressione, l’importante è che anzitutto sappia riconoscerla

    Rispondi
    • 12 Ottobre 2018 in 10:06
      Permalink

      Assolutamente. 🙂

      Rispondi
  • 13 Ottobre 2018 in 06:29
    Permalink

    beh qui ho sentito di depressi e di specialisti che si rifiutano di aiutarli perché “se non parte da loro non possiamo fare nulla”. Lo specialista è a sua volta depresso, insomma. Scherzi a parte forse ho troppo rispetto per questa cosa “sconosciuta” che mi rifiuto di pretendere di capire e compatire chi ne soffre.

    Rispondi
    • 13 Ottobre 2018 in 22:20
      Permalink

      È l’atteggiamento migliore 🙂
      Non dubito dell’esistenza di quel tipo di specialisti di cui parli. Brrrr!

      Rispondi
  • 17 Ottobre 2018 in 01:09
    Permalink

    Se avessi potuto leggere questo tuo post, quando era viva mia madre, seppellita da una depressione grave e nelle nostre mani, letteralmente… Un dolore infinito, che non passerà mai. Chissà come avrei potuto aiutarla un po’ meglio, mi teneva le mani muta con uno sguardo che a volte mi oltrepassava mentre in altre mi si conficcava dentro, come una lama di coltello. I farmaci ci/le hanno dato una mano, ma quando gli anni si accumulano diventa tutto più difficile. Grazie!
    Lo condivido su Twitter, è importante ciò che scrivi, ma soprattutto il modo di descrivere questa terribile patologia, ancora circondata dallo stigma. Un abbraccio
    Cristina

    Rispondi
    • 17 Ottobre 2018 in 13:13
      Permalink

      Ciao Cristina, ti ringrazio tanto per questa tua testimonianza così dolorosa. Voglio credere che col tempo il rapporto con la depressione migliorerà, globalmente, ma diffondere la consapevolezza è fondamentale. Sia per chi soffre direttamente sia per le persone intorno. Grazie mille quindi anche per la tua condivisione. Un abbraccio a te!

      Rispondi
  • 22 Ottobre 2018 in 01:20
    Permalink

    Speravo tanto che alla fine ci fosse una soluzione, magari una semplice magia, una parolina strana o una pillolina scoperta da poco che la curasse completamente … io la combatto da tempo, con le unghie e con i denti, tanto che nessuno se ne è mai accorto, adesso però sono stanca anche di combatterla.

    Rispondi
    • 22 Ottobre 2018 in 12:06
      Permalink

      Secondo me uno dei primi malintesi è proprio in quel “combattere”, che non è il verbo migliore anche se a lungo è stato l’unico di cui disporre. Perché combattere richiede energia, e la depressione di energia non te ne lascia, come se ne esce? Piuttosto, molto sta in quel “doucement” francese… piano piano. <3 E con indulgenza.

      Rispondi
      • 22 Ottobre 2018 in 13:17
        Permalink

        Dovrebbe essere così, ma ci sono quelli che continuamente incalzano con : devi reagire, devi reagire! E che cavolo! Fosse così facile!

        Rispondi
        • 22 Ottobre 2018 in 14:39
          Permalink

          Proprio per quello bisogna parlarne, affinché nessuno dica più cose come “reagisci, sforzati”, che non servono a nulla! 😘

          Rispondi
            • 22 Ottobre 2018 in 17:47
              Permalink

              Nope!

  • 1 Novembre 2018 in 21:05
    Permalink

    Tutto giusto quello che scrivi. Io mi sono arresa alla Paroxetina. Quando le forze non bastano bisogna avere il coraggio di chiedere aiuto.

    Rispondi
    • 1 Novembre 2018 in 20:35
      Permalink

      Certo! Anch’io ho la mia terapia chimica 🙂 L’ideale sarebbe insieme a quella psicologica, ma non sempre si riesce a occuparsi di tutto 😘

      Rispondi
  • 1 Novembre 2018 in 23:48
    Permalink

    Caspita, complimenti per questo post… Davvero, merita di essere letto! Temo che ogni parola in più sia stupida, quindi ti ringrazio e basta 🙂

    Rispondi
    • 1 Novembre 2018 in 22:58
      Permalink

      Grazie a te, di cuore 🙂

      Rispondi
  • 2 Novembre 2018 in 04:43
    Permalink

    Io invece di una seppia lo vedo come un drago, infido, nascosto in un armadio che esce quando sono più indifesa. Ho cominciato a vincerlo tenendo aperti gli armadi…

    Rispondi
    • 2 Novembre 2018 in 16:41
      Permalink

      Molto bella questa immagine. Il drago è anche una delle mie varianti, quando mi metto a immaginare 🙂 Ti abbraccio!

      Rispondi
  • 11 Gennaio 2019 in 23:15
    Permalink

    Me l’ero perso questo, probabilmente quando le iscrizioni si cancellavano da sole. Quanto siamo simili. Hai racchiuso fin troppo bene, in poche parole, in cosa consistono queste cose. Brava.

    Rispondi
    • 11 Gennaio 2019 in 23:18
      Permalink

      Ti ringrazio davvero. La mia esperienza è che siano cose davvero difficili da trasmettere a chi non le conosce. Tra “noi”, per usare un ombrello ampio e generalizzato, per fortuna c’è sempre più comunicazione, ma ho spesso la sensazione che ci sia ancora tanta strada da fare per far capire in giro di cosa si tratta. Io stessa anni fa ho avuto un’amica depressa e per anni non ho capito davvero cosa le stesse accadendo.

      Rispondi
      • 11 Gennaio 2019 in 23:22
        Permalink

        Io faccio ancora molta fatica a fare questo “coming out”, soprattutto perché c’è ancora molto pregiudizio e malcomprensione in giro.

        Rispondi
        • 11 Gennaio 2019 in 23:27
          Permalink

          Già. Io qui cerco di parlarne senza filtri, ma “là fuori” mi viene più difficile. Sto iniziando con gli amici, perché sappiano come funziona. Ma con altre persone non è facile nemmeno per me. Però più lo si fa e meglio è, per noi e per gli altri!

          Rispondi
            • 11 Gennaio 2019 in 23:31
              Permalink

              Esattamente! Piano piano… 😘

  • 2 Febbraio 2019 in 23:32
    Permalink

    Hai detto tutto. Mi è capitato di non trovare via d’uscita. Quando si è dentro non si vede nessuna possibilità. Tutte le mie “energie” andavano nel gestire il mio dolore ed il mio cervello. Ogni parola che veniva dall’esterno arrivava attutita. Sai chiaramente di cosa parli. Un abbraccio molto forte. ❤

    Rispondi
    • 3 Febbraio 2019 in 00:22
      Permalink

      Ti ringrazio tanto, e soprattutto mi fa piacere leggere tempi verbali al passato. Un abbraccio a te 💖

      Rispondi
  • Pingback: Battiti di cuori e di ali nell'orto di St Kilda – Lucy the Wombat

  • 18 Febbraio 2019 in 18:48
    Permalink

    Lucy, adoro il tuo modo di scrivere e trovo questo post sulla depressione delicato ma deciso allo stesso tempo. Penso che in Italia ci siano molti tabù e timore anche solo a nominarla, persino chiedere aiuto psicologico sembra quasi una sconfitta piuttosto che una voglia di risalire. Anch’io ho combattuto con blobfish per molti anni e sebbene non sia tutto rose e fiori anche adesso, ma piano piano si può risalire a galla. Un abbraccio!

    Rispondi
    • 18 Febbraio 2019 in 21:38
      Permalink

      Grazie mille Giulia, mi fa molto piacere leggere ciò! ❤ Coraggio a te e che il blobfish se ne resti indietro!! 🙂

      Rispondi
  • Pingback: “Non ero io quella con i kalashnikov!” – Lucy the Wombat

  • 24 Settembre 2019 in 23:51
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    Ecco, ho letto, e me l’ero perso. Quello che dici è giustissimo, lo so, però dai un grande aiuto: dici che il depresso deve essere aiutato concretamente. Non è sempre facile, ma è un’indicazione preziosa: chi vive intorno ha tantissima paura di sbagliare. Ti abbraccio

    Rispondi
    • 2 Ottobre 2019 in 12:51
      Permalink

      In ritardo, ma ti ringrazio molto! Mi sono basata sulla mia esperienza per aver fatto molte letture sull’argomento, da quando mi riguarda, so che anche per molti altri è così. Venendo meno l’energia per fare qualunque cosa, è necessario il supporto attivo delle persone vicine, se possibile. Un abbraccio a te! 🙂

      Rispondi
      • 2 Ottobre 2019 in 22:15
        Permalink

        Quello che dici è di grande aiuto. Si dice sempre che deve essere il soggetto a decidere di curarsi, e invece non è così!

        Rispondi
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