One does NOT simply rent a room in Paris – I

Andare a Parigi è facile.

La prima volta avevo 20 anni, 20 euro sulla Postepay con cui prenotai il mio primo volo Ryanair in solitaria – nei bei tempi andati in cui ancora in pochi sapevano che si potesse viaggiare con così poco –, e i postumi di una delusione d’amore. Avevo ancora il fisico e la libertà di cuore e di spirito per prenotarmi un posto letto in ostello, girovagare tutto il giorno qua e là, fare pipì accovacciata dietro le macchine, vedere tutto ciò che avevo sempre sognato di vedere e piangere di commozione (quanto è difficile piangere di commozione dopo i trent’anni? Accade, certo, ma non così di frequente).

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Dettaglio per cui si versavano lacrime a vent’anni, ma non a trenta. @ Shakespeare and Company bookstore

Era ancora l’età per pranzare seduta sul marciapiede (spero non quello dove qualche altra mia simile aveva precedentemente urinato) col paté della sottomarca del discount malamente spalmato sulla baguette, e per fare merenda sugli Champs-Élysées (cosa che nessun parigino si sognerebbe mai di fare). L’età per andare sulle tracce delle location dell’Ultimo Tango, per farmi invitare a cena da sconosciuti (prima di Tinder e dei social), per arrampicarmi sul mio letto a castello la sera e ridiscenderne fresca come una rosa il mattino dopo, pronta a ripetere l’operazione.

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Starting point

Restarci, a Parigi, è più difficile. Devi aggrappartici con le unghie e coi denti per non esserne estromesso impietosamente. La tua volontà non deve vacillare mai, altrimenti è finita, e in men che non si dica ti ritrovi in una villetta a schiera in Costa Azzurra ad apostrofare i viaggiatori diretti a nord: “Fuggite, sciocchi!”. Però io sento di avercela fatta, di aver superato stoicamente le prove, e adesso mi pavoneggio in giro (anche troppo, nostalgia canaglia, perdonatemi!) dicendo non solo che ho vissuto a Parigi, ma soprattutto: che ci ho abitato. Chi conosce la fatica dell’impresa comprende.

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E forse, per via degli svariati tetti che ho avuto sulla testa e della variegata schiera di umani che me li hanno concessi, in un anno e mezzo ho conosciuto la mia città del cuore come altrimenti non avrei mai potuto sperare di fare.

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L’inizio

Dopo svariati passaggi da turista, un pomeriggio già buio dell’autunno 2015 salgo su un pullman a Milano con la mia valigia piena di libri e ne scendo 14 ore dopo, all’alba, alla Gare de Bercy (suggerimento: non fatelo. Non importa quanti soldi potreste risparmiare con quei maledetti pullman. Rinunciate piuttosto a qualche cena fuori, e guadagnateci in salute mentale e varicosa. Prendete l’aereo o il treno, e per il bagaglio speditevi un paio di pacchi. Davvero).

Sarò una studentessa adulta con borsa di studio e un soggetto bellissimo da studiare, pronta a fare una vita tranquilla e abitudinaria nella città più bella del mondo. What else?

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What are you guessing?

Risposta: no, non un attentato al Bataclan (tsk tsk!), bensì il malvagio, derisorio mondo della location parigina.

Ripercorrerò per tappe le sbigottite circonvoluzioni del mio disagio abitativo, sia per esorcizzarle, sia per non dimenticare, e tenere ben presente che dopo una cosa del genere posso andare ovunque.

E anche perché chi mi legge e sogna Parigi senza conoscerla, e non è ricco, deve sapere a cosa va incontro, nel bene e nel male.

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Più o meno.

Oh, e anche per Lucy, il mio wombat, che ancora si domanda cosa ci faccio in Australia e da dove vengo.

[Continua prossimamente. Il disagio va diluito!]

Lucy the Wombat

Human. Italian. Survived a mass shooting in Paris, moved Down Under for a life reboot. Blogging about Australia, Europe, Italy, beautiful creatures, post-trauma, and this strange world. (Avatar created with: "Le Bouletmaton" by Zanorg).

29 pensieri riguardo “One does NOT simply rent a room in Paris – I

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  • 22 Maggio 2018 in 20:02
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    Mi sono rivista nel tuo articolo quando sono arrivata a Milano, anche se forse con i francesi è più dura. Non vedo l’ora di leggere il seguito. Besitos

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  • 22 Maggio 2018 in 20:09
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    Dici che è proprio anormale che passati i trenta mi commuovo più di quando ne avevo venti??? Comunque non vedo l’ora di leggere il resto (e fare un raffronto con la mia di esperienza studio – era stata una borsa di studio a Parigi giusto?), ed aspetto con ansia il post che-sai-te.

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    • 22 Maggio 2018 in 20:15
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      Niente è normale, se adesso ti commuovi di più è solo meglio, beata te! Io a vent’anni spesso piangevo proprio per quanto mi emozionavo, però dall’altro lato non avevo molto senso dell’umorismo, quindi va bene anche ora 🙂 Anche tu hai studiato a Parigi? Il post-che-dici tu è in preparazione, come tutte le cose che più mi stanno a cuore non ho la minima idea di come parlarne per rendere un po’ di onore a Loro, ma prima o poi ne parlerò, promesso! ;))

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      • 22 Maggio 2018 in 20:56
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        Io invece mi sento “vecchia e fragile” xD
        Ho sempre avuto la lacrima facile, ma invece di migliorare peggioro…
        No io ho studiato a Praga! Ma ero sola soletta, quindi posso sicuramente relazionarmi alla tua esperienza, anche se io ormai sono andata una vita fa (vecchia).
        Ehhhhh come ti capisco, rendere onore a certe cose ci sembra un miraggio, ma vale sempre la pena tentare 😉

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        • 23 Maggio 2018 in 11:39
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          Ahh è vero che hai studiato a Praga, l’ho anche letto, perdono! Hai ragione comunque, rendere onore alle cose è quasi sempre quello che mi spinge a postare sul blog ^_^

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  • 16 Novembre 2018 in 02:32
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    Anni fa ( Tanti. Troppi. Quasi da piangerne!) sono stata un mese a Parigi, per un corso di mimo. Speravo in qualche modo di potermi fermare, di fare di Parigi la mia città e poi tutto è andato ammerda ( posso dire “ammerda”? altrimenti mi scuso e rifaccio da capo 😉 ).
    In quell’occasione ho toccato con mano quanto le cose belle possano essere contemporaneamente spietate e spregevoli. Ho conosciuto una città poetica, romantica, viva e attiva e anche molto cattiva e ostile nei confronti di chi arriva con un sogno e deve scoprire che i sogni non si mangiano.
    Ma prima o poi si lascerà conquistare , spero.
    PS E’ tutto molto bello qua, tra queste righe e mi chiedo chi sia il matto che non adora il Wombat, è delizioso!

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    • 16 Novembre 2018 in 10:34
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      Ciao Tati! Ti ringrazio! 😊 Il tuo commento mi colpisce molto, hai usato parole perfette per descrivere quella sensazione che può darti Parigi (anche senza attentati e altre casoumanerie, voglio dire). Alla fine penso che anche così, averne conosciuti tutti i lati, compresi quelli malvagi, sia comunque un privilegio rispetto a chi ci va solo in vacanza per bearsi della bellezza 💕

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      • 16 Novembre 2018 in 20:05
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        Credo che se ti addentri in qualsiasi cosa per conoscerla e non solo per farci un giro, devi in qualche modo essere pronta a vederne i lati peggiori. Così come in luoghi che mai avresti immaginato scopri lati di incanto, in posti che si amano da libri cartoline, come immagini e sensazioni scaturite da queste, ti scontri e incontri la realtà. Amo Parigi ( la Francia tutta) ma ho ben presente le contraddizioni che nasconde e si insinuano subdole nel quotidiano.

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  • 15 Gennaio 2019 in 20:20
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    attendo fiduciosa il seguito… sono moltocuriosa di sapere dove vivevi!!

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    • 16 Gennaio 2019 in 01:26
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      Ci sto mettendo tantissimo a scrivere il seguito proprio perché troppo a lungo mi turbava solo il ricordo, ma sta per arrivare il momento! 😉

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  • 16 Gennaio 2019 in 01:17
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    Pur non avendo abitato a Parigi (ma in altre città con simili disagi) e riscontrando un trend positivo nella mia lacrimazione con l’avanzare degli anni invece, mi rispecchio molto in quello che hai scritto, soprattutto nell’avvertimento sulla tua esperienza in bus e bagaglio pesante 😆 attendo le prossime puntate allora! Perché hai ragione, il disagio va diluito😉

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    • 16 Gennaio 2019 in 01:21
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      Grazie mille per la solidarietà! ;))

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  • 16 Gennaio 2019 in 02:34
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    anche io mi sono rivista un po’ quando dalla mia piccola città Ragusa sono arrivata a 20 anni a Bologna a 1300 km di distanza dalla mia famiglia…Attendo il seguito

    Rispondi
    • 16 Gennaio 2019 in 03:02
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      Un bello spaesamento! 🙂

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  • 16 Gennaio 2019 in 03:13
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    Non si fa così. Mentre penso di entrare nel vivo della tua esperienza tu, zac! e scrivi “ciao alla prossima puntata” . Adoro leggere queste storie di giovani che hanno potuto studiare all’estero. Ai miei tempi non si poteva fare e, ancor di più, se eri una donna del sud.
    Ps. Vedrai che più si va avanti con l’età, più si diventa sensibili e ci si commuove (almeno a me succede questo a 58 anni)

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    • 16 Gennaio 2019 in 04:23
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      Ahia! Non so se sia un bene o un male! 😅

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  • 16 Gennaio 2019 in 04:59
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    Io ho vissuto la mia personale storia d’amore con Parigi all’inizio degli anni 2000, complice un’amica con un lavoro al Louvre. Che tempi bellissimi.

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    • 16 Gennaio 2019 in 13:05
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      … “con un lavoro al Louvre” 😍

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  • 16 Gennaio 2019 in 21:17
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    Ho una vaga idea mia cara di cosa possa aver provato. Io non sono stata così estrema nelle scelte delle città dove mi sono trasferita ma credo di comprendere cosa hai visto!!! :-)…comunque leggendo il tuo disagio mi sono fatta qualche bella risata, aspetto la continuazione.

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    • 17 Gennaio 2019 in 00:21
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      Arriverà prima o poi! Grazie della solidarietà! 😀

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  • 7 Febbraio 2019 in 04:48
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    Io dopo l’università ho lavorato a Disney. Certo non era Parigi città però il fascino della città mi è rimasto . Cerco di andarci almeno ogni due anni … sempre con l’aereo 😉

    Rispondi
    • 7 Febbraio 2019 in 15:47
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      Bravissima 😁

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  • 9 Ottobre 2019 in 08:21
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    Le prime esperienze fuori casa in viaggio, le prime volte in cui si va a cercare casa fuori dal proprio Paese e dai propri confort…fa così figo dire che si è vissuto fuori ma poi se ci pensi, quante difficoltà ci sono state? Tante e si superano tutte proprio con la volontà, come hai ben detto tu! Però quando riguardi indietro e vedi quello che sei riuscita ad affrontare lontano da casa, in un posto straniero e magari anche in giovane età dentro di te pensi che puoi davvero sconfiggere tutto! Le tue righe mi hanno fatto pensare alle mie esperienze, ai viaggi interminabili in mezzi poco raccomandabili e al fatto che se ci ripenso, dico: “ma chi me l’ha fatto fare?”. Ma tornerei indietro e lo rifarei altre mille volte, perché sono queste cose che ti fanno crescere!

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    • 9 Ottobre 2019 in 10:26
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      Questo è vero, come anche che non si smette mai di crescere! Durante quell’esperienza non ero né alle prime, né più così giovane, ma nonostante tutto… Parigi è sempre Parigi. Non si scappa proprio 🙂

      Rispondi
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