Benvenuti sullo spazio dedicato al diavolo della Tasmania! (E anche a un diavolo qualunque, seppur meno virtuoso, come vedremo). 🐾
Scopriremo tutto su di lui: chi è, come si comporta, dove vive, come si accoppia, cosa mangia, perché è utilissimo all’ecosistema, in quali condizioni si trova, le ultime notizie sulla specie e molto altro. Cominciamo! 😊
[Aggiornato il 04/07/2021]
Diavolo della Tasmania estinto? Non ancora!
Il povero diavoletto della Tasmania è un animale di cui mi preme particolarmente parlare, poiché è vicino alla soglia dell’estinzione. Anche se per fortuna gli ultimi accadimenti che lo riguardano sembrano descrivere una situazione in suo favore.
Fino al XIV-XV secolo il diavolo abitava tutta l’Australia continentale. Oggi invece, tra attacchi dei dingo, presenza umana, cambiamento climatico e una terribile malattia di cui parleremo, nonostante la spaventevole nomea sopravvive faticosamente solo sull’isola meridionale, appunto, della Tasmania. E giusto perché il dingo fin qui non ci è mai arrivato, altrimenti gli avrebbe soffiato tutte le prede, visto che è più grosso.
Anche il diavolo, come tra gli altri il canguro e il vombato, aveva per antenato un marsupiale gigante, che faceva parte della megafauna australiana in tempi per noi preistorici (Pleistocene). Oggi, con la sua decina di chili di peso medio, rimane il più grande marsupiale carnivoro esistente. Ed è molto, molto arrabbiato.
Perché si chiama diavolo della Tasmania: il verso!
Il nome tanto temibile gli è stato affibbiato per via del baccano infernale del suo verso, il cui minaccioso risuonare veniva udito a grande distanza dai primi esploratori ottocenteschi (l’ho sentito anch’io latrare una sera, da lontano, mentre giravo la Tasmania, e confermo: è inconfondibile, e se non si è preparati anche altamente inquietante!). Questi temerari viaggiatori credevano che il suono provenisse direttamente da Lucifero e, complice il buio, se la facevano nelle mutande. Sentite un po’:
L’impressione è confermata alla visione ravvicinata dell’animale: una bestiaccia nera, svelta, dall’aria rissosa, con orecchie rosse appuntite che diventano ancora più rosse per l’eccitazione quando succede qualcosa di interessante… ecco servito il Diavolo! Anche detto diavolo orsino, perché già che c’erano l’hanno paragonato pure a un orso.
Il suo nome scientifico è Sarcophilus harrisii, o in alternativa Sarcophilus satanicus o Diabolus ursinus; e per la gente del posto vale anche, amichevolmente, l’inglese Beelzebub’s pup (il cucciolo di Belzebù).
Un morso formidabile
Il suo nomen omen si estrinseca anche nel suo modo di nutrirsi. Il diavolo divora tutto con frenesia, e con ciò si intende anche la pelliccia, le ossa e persino i denti degli animali morti che trova in giro, meglio ancora se giacciono lì già da diversi giorni, per un sapore più aromatico. Ingolla persino gli aculei dell’echidna! E spero di non scandalizzare nessuno se vi racconto che proprio per questo, le sue feci possono essere di colore bianco (l’ho imparato al prodigioso Museo della Cacca, qui!).
Ma come ci riesce? La potenza del morso del diavolo della Tasmania è famosa per essere la più forte di tutto il mondo, grazie a una mascella che si apre quasi ad angolo retto. Morso più potente di quello di tigri e leoni, nonostante la stazza ben più piccina… Un concentrato di fame e rabbia pronto a scattare.
Gli Aborigeni, che sono gente d’altra pasta, con i denti del diavolo invece di impressionarsi ci si facevano le collanine.
Diavolo della Tasmania: cuccioli!
La vita, per il diavoletto, è difficile sin dalla nascita. La gestazione della madre dura una ventina di giorni; dopodiché, una cucciolata appena partorita può consistere anche di una cinquantina di piccoli, grandi giusto come fagiolini. I quali, per continuare a svilupparsi fino a formarsi completamente, devono trascorrere circa sei mesi nel marsupio materno, dove si trovano i capezzoli da cui nutrirsi.
Tuttavia, e qui sta il problema, il marsupio ha solo quattro capezzoli! Perciò solo i quattro diavoletti più abili ricevono il latte e sopravvivono. Con tutta questa competizione iniziamo bene!
Ma è davvero pericoloso?
Se lo guardiamo con gli occhi disincantati di oggi, il diavolo non può che fare tenerezza, e anche parecchia: è tozzo, piccolino, un po’ gobbetto, cammina in maniera buffa, e sin da piccolo gli tocca litigare furiosamente con i suoi fratellini per accaparrarsi il cibo. Mangia comunque con metodo: i diavoli infatti hanno lunghe vibrisse che definiscono lo spazio vitale di ciascuno durante il pasto in comune. Finché le vibrisse non entrano in contatto con quelle del vicino, si può convivere; altrimenti scatta la rissa, tra azzannate e urla sataniche.
Diavolo della Tasmania, cancro e maledizione
Creatura notturna, solitaria, il diavolo è difficilissimo da avvistare in natura, al massimo lo si può sentire. Di giorno dorme; di notte caccia individualmente, nella convinzione che ognun per sé e Dio per tutti.
Solo che Dio non lo ha particolarmente in favore (con quel nome!… Per forza!), e negli anni Novanta (1996) gli ha mandato una malattia infernale, un tumore facciale contagioso (il DFTD, Devil Facial Tumour Disease), da cui nessun diavolo per lungo tempo è riuscito a guarire, e che li sta tuttora decimando (erano 150.000, oggi ne restano meno di 25.000!).
Questo cancro si trasmette con il morso… il problema è che il diavolo, sessualmente esuberante anche perché è tutt’altro che monogamo, durante il corteggiamento e l’accoppiamento morde il partner… capite il dramma? Come risolvere?
Almeno, direte, se la gode. Quando la femmina è in estro, il diavolo la agguanta per il collo mordendola, e la trascina in un posticino tranquillo, un nido d’amore dove i due ci danno dentro per diversi giorni non-stop. Almeno.
Con l’uomo, invece, il diavolo è molto timido e per niente minaccioso. Quando ci incontra, sbadiglia, più per l’incertezza e lo stress della nostra vista che per noia effettiva. Lo sbadiglio a bocca spalancata di 90 gradi è così notevole da essere iconico, quaggiù in Australia.
Prime vittorie sul tumore!
La buona notizia è che ultimamente è stata osservata, in alcuni diavoli, una certa resistenza al tumore: alcuni esemplari sono riusciti a sviluppare naturalmente una risposta immunitaria, e a guarire. Nel 2016 un team di ricercatori è anche riuscito a curare un primo esemplare e a farlo ristabilire del tutto. La fiducia maggiore rimane però quella negli anticorpi che certi diavoli sembra stiano imparando, per così dire, a produrre in maniera spontanea. È ovviamente troppo presto per parlare di cancro sconfitto, ma è comunque una notizia incoraggiante. (Approfondimento in inglese qui).
Un aiutante su igiene e… turismo
Veniamo alle virtù del diavolo della Tasmania. Vorace com’è, è detto lo spazzino del bush, perché presta inconsapevolmente un gran servizio alla comunità ripulendo il terreno dalle carcasse degli altri animali morti.
Questo è ancora più evidente sul ciglio della strada: chi fa sparire le tracce delle povere bestie investite dagli automobilisti (sempre più numerose, con l’incremento del turismo… siamo intorno ai 200mila esemplari all’anno)? Proprio il diavolo! Che è senz’altro il primo lettore ed estimatore di pubblicazioni come questa:
E così grazie al diavolo abbiamo meno mosche ronzanti intorno alle carcasse rimaste in giro, e di conseguenza meno bestiame punto e infettato dalle mosche (fenomeno detto flystrike). Una catena virtuosa.
Non solo il diavolo tiene pulito, ma porta anche posti di lavoro nel turismo e nella conservazione del territorio, due ambiti essenziali per la Tasmania che si vuole eco-sostenibile, come alternativa al bieco capitalismo.
In tutta l’isola ci sono diversi parchi faunistici (molto diversi dagli zoo tradizionali, alcuni sono anche ospedali per animali selvatici) dove è possibile ammirare da vicino questi animali in tutto il loro splendore. E in tutta la loro rabbia!
Inoltre il diavolo, e questa è una gran dote, non è un animale territoriale. Va in giro vagando liberamente, a volte riposandosi nella tana disabitata di qualche vombato. Una creatura contro gli sprechi! Sa persino arrampicarsi per qualche metro sugli alberi, anche se in questo non ha certo il talento del canguro arboricolo (né la pazzia degli australiani). Insomma, l’ha capito subito che il nazionalismo esacerbato non porta da nessuna parte utile.
Dove vedere i diavoli in Tasmania: i posti migliori
I migliori parchi faunistici in tutta l’isola dove potrete vedere i diavoletti da vicino e alla luce del giorno, e imparare molte cose su di loro, sono presto detti:
- Bonorong Wildlife Sanctuary. Si trova vicino a Hobart, la capitale della Tasmania, perciò è il parco più visitato di tutta l’isola.
- Trowunna Wildlife Sanctuary. Ho avuto la fortuna di passarci nella stagione giusta, quando erano da poco nate tante cucciolate di diavoletti. Erano dappertutto nel parco, e incredibilmente teneri e baldanzosi!
- East Coast Bicheno Nature World, sulla costa orientale. Qui c’è anche un centro di ricerca dedicato pieno di pannelli divulgativi, imparerete un sacco di cose.
Sono posti stupendi, che naturalmente fanno anche tantissima conservazione. Molte delle foto di animali che trovate su questo blog le ho scattate lì.
- C’è poi anche la fantastica Maria Island, isoletta al largo della Tasmania, di solito visitabile con una gita in giornata. Vanta il pregio speciale di ospitare l’unica colonia di diavoli (in libertà) perfettamente sani, al riparo dal tumore. Periodicamente vengono prelevati da qui alcuni esemplari, per ricollocarli in altre aree e garantire una maggiore diversità genetica oltre che un’immissione di individui sani.
Il diavolo della Tasmania reintrodotto nell’Australia continentale!
Ho lasciato per ultima una notiziona davvero emozionante sui diavoletti della Tasmania. Nel 2020, grazie a un progetto congiunto capitanato dall’Aussie Ark (un parco faunistico senza scopo di lucro), 26 esemplari di diavoli sono stati reintrodotti in natura nell’Australia continentale, naturalmente in maniera monitorata e sicura (l’area, pur vastissima, è recintata e privata di grandi predatori non nativi come le volpi). Dove? Non lontano da Sydney. E quest’anno (2021) sono nati i primi 7 cuccioli! Significa che il programma di reinserimento funziona. Presto altri diavoli adulti verranno aggiunti in quella zona, e poi chissà!
Ecco, ora sapete tutto sul diavolo della Tasmania.
Il povero diavolo qualunque
L’altro tipo di diavolo a cui volevo accennare, pur molto diverso da quello della Tasmania, a quanto pare ha in comune con lui lo stesso problema di gestione della rabbia.
Solo che questo qui non è affatto una specie in via di estinzione, bensì di espansione: anzi, sta subendo un vero e proprio boom. Chi è, e dove vive?
Abita dietro a una tastiera, al bar, per strada. Ma perché è arrabbiato? Bella domanda. Perché mala tempora currunt? O perché sta la crisi? Per il suo avere un animo non solo individualista, ma pure territoriale? Per le sue vibrisse troppo lunghe, che lo rendono sempre infastidito dal vicino? O perché non vuole condividere nulla, credendo che si nasca in luogo piuttosto che in un altro per merito? Chissà. Di sicuro si sente minacciato, ma non capisce bene da cosa. Ha fame. E allora sbraita, ringhia.
Differenze con il diavolo della Tasmania
Tiene pulite le strade? Uhm. Secondo me è più plausibile che sia il responsabile delle cartacce buttate a terra.
Mi piacerebbe dire che anche lui sotto sotto è innocuo, invece no: la sua rabbia è contagiosa, cieca, volgare, si accanisce sul più debole invece che sul più forte.
Così come il diavolo della Tasmania, anche lui non ci vede tanto bene, fa affidamento più che altro sull’udito: il povero diavolo dunque non parla di ciò che sa per conoscenza diretta, ma di ciò che “ha sentito”, che “gli hanno detto”. E Dio non sembra particolarmente fan nemmeno di questo povero diavolo qui, perché gli ha mandato in sorte rappresentanti talmente inconsistenti da sembrare finti. E il bello è che lui ne è pure felice, e applaude.
Tra le due creature, chi salvereste?
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Grazie e buona lettura! 🙂
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