Torno a scrivere dopo due mesi. Forse tra poco capirete perché questa pausa, e mi scuserete per la scrittura asfittica.
La giornata di oggi, oltre che essere da molti chiamata Halloween, conclude il mese di ottobre, che in tutto il mondo per convenzione è il mese della salute mentale. Potevo quindi non condividere un piccolo contributo di sensibilizzazione sul tema? Certo che no. Ergo, buona lettura con Barbie!
Quanto è bella la depressione
L’argomento è la depressione, che diversamente da come ancora molti la immaginano è una condizione fisica e mentale ben diversa dal vivere in uno stato di perenne tristezza: ma non è di definizioni che voglio scrivere (del come sia veramente la depressione, qui ho già raccontato piuttosto esaustivamente). Vorrei concentrarmi sull’aspetto esteriore che essa può assumere. Uno dei tanti.
Per iniziare, prendete la parola, “depressione”, e visualizzatela concretamente, addosso a una persona come fosse un vestito. Come la vedete? Accigliata o insensibilizzata che sia, probabilmente vi appare grigia, spenta, sciatta. Ha un aspetto negletto, opacizzato, appesantito oppure rinsecchito. Sono queste le comuni associazioni che vengono in mente nella maggior parte dei casi, tranne forse quelli di gente ricca e famosa. Giusto? Allora vi racconto la storia di una Barbie. La chiameremo Barbie Deprex.
Cosa succede a Barbie quando è in depressione
Questa Barbie abita down under, vive con la depressione e, in aggiunta, con uno stress post-traumatico (o PTSD) non del tutto risolto. Durante gli episodi più gravi, la sua condizione la invalida più del solito. Fatica a pensare, a sentire, a interagire (Dio la scampi dall’interagire!), a mettere le idee nero su bianco. Esiste come una pianta in vaso, ma invece di produrre ossigeno ne consuma, e di foglie verdi non gliene spunta neanche una.
Per giunta Barbie, come del resto tutta la città (Melbourne, la più pandemicamente iellata d’Australia!), è in lockdown più o meno ininterrotto da quasi sette mesi. Sette. Proprio lei, che era anche nota come Barbie Travel, e che solo nel viaggio trovava una tregua! Ora immagina la vita fuori dalla finestra, la vita che appartiene ad altri e non più a lei. Lei sente solo l’assenza di linfa, la decrepitudine. Avviluppata com’è nella sua malattia cerebrale, chiusa in casa, questa Barbie ha bisogno di un appiglio per riuscire a considerare lo stare al mondo una faccenda degna di interesse, ma non trova granché.
Barbie, dicevamo, porta con sé un trauma ancora parzialmente da disinnescare, da quando una notte vide uccidere la gente intorno a lei nel cuore della città più bella del mondo e la sua vita si fratturò in un “prima” e un “dopo”. La sua depressione, furba, golosa, si nutre anche di quell’evento; siede su di lei come una chioccia e la cova con dedizione, premendo con tutto il suo corpaccione nero e pennuto. Le schiaccia i polmoni e il cuore.
Quando Barbie Deprex fatica a vivere nella maniera appena descritta, fa maggiormente caso al fatto di possedere comunque una cosa, che ancora le rimane: un corpo.
D’altronde – sospetta, mentre i suoi pensieri tornano insistenti sull’episodio parigino -, se il suo corpo è ancora qui mentre altri no, forse un senso c’è (Barbie sa che ciò non è affatto vero, ma se lo dice comunque).
Barbie Deprex, dunque, in una magica giravolta si trasforma in Barbie Home Salon, o se preferite Barbie Fashion Beauty. Siccome dentro la testa le regna la muffa, cerca di costruirsi almeno un bozzolo, un involucro esterno da mostrare a se stessa per confondere le acque – fosse anche solo per passare il tempo. Gesti meccanici, gesti di sopravvivenza quotidiana. Gli unici rimasti per sottrarsi un pochino alla morte, al nero con la D maiuscola che tutto inghiotte; all’inedia che sente, prima o poi, farsi letale.
Le attività domestiche di Barbie Fashion Beauty consistono quindi in:
Manicure (limetta, buffer, vernice protettrice per le dita, primer, base coat, smalto gel, top coat, fornetto per unghie, crema mani). Pediluvi, pedicure. Massaggiatore elettrico per il collo. Skin care. Sauna facciale con l’olio essenziale di eucalipto. Acqua micellare. Crema giorno, crema notte, sieri, gel contorno occhi giorno, gel contorno occhi notte. Maschere. Spuma. Esfoliazione con spazzole rotanti. Scrub al caffè macinato. Sessioni di pressoterapia. Bende rassodanti. Massaggi con altri oli essenziali. Epilazione a luce pulsata. Talco profumato. Olio illuminante. Fiale per capelli. Henné. Olio di cocco. Impacchi, prima e dopo i lavaggi. Tagli e acconciature (dopo qualche tutorial guardato online, ecco in un’altra giravolta comparire la specializzata Barbie Hair Stylist, da far invidia ai parrucchieri cinesi!). Schiuma abbronzante. Profumo. Cipria. Rossetto rosso, anche sotto la mascherina. L’industria della cosmesi brinda insieme a Satana e conta i soldi.
Quel poco che le è permesso emanciparsi dalle restrizioni anti-pandemia, Barbie lo passa a fare jogging in giro per il quartiere, nella disperata ricerca di una piccola dose di endorfine. Con il contapassi si misura i battiti e i livelli di fitness. Vuole rinforzarsi cuore e polmoni, almeno, visto che il cervello non funziona come dovrebbe. Ogni tanto, un colpetto di vento fresco più deciso del normale le colpisce il viso: Barbie sorride di quel piccolo segnale, l’unico in tutta la giornata che le ricordi che non è ancora morta. Saluta (con la mente, per risparmiare fiato) i piccioni punk appollaiati sulle tettoie – gli unici esseri viventi che incontra con piacere autentico. E così stilosi per natura, per di più, con le loro crestine. Li invidia. Invidia i piccioni.
Di ritorno sul divano, non paga, Barbie Fashion Beauty impugna il tablet e si dedica allo shopping online. Apre Pinterest, salva outfit e accessori. Impara a riconoscere le collezioni. Sceglie i marchi preferiti. Abbina. Per ore, per giorni, in quella tattica di sopravvivenza che gli psicologi in inglese chiamano hyperfixation. Preme “Acquista ora” e riceve a casa borse, scarpe, cinture. Giacche, vestiti, accessori. Quasi tutto da conservare dormiente con attaccato il cartellino, nell’attesa di un po’ di vento, bello forte, che scoperchi la casa e si porti via il suo cervello dolorante. Quello che non compra, Barbie lo immagina addosso e sogna. Chiude gli occhi e si immagina vivere. Si vede passeggiare per le vie del centro a fine giornata. Ordinare un aperitivo e conversare in allegria. Usare i muscoli facciali per sorridere, le corde vocali per ridere. Le gambe per ballare nella musica assordante, per saltare, per esplorare. Sogna di muoversi e usarlo, quel corpo, fino allo stremo. Anche se, con la depressione, essere stremati è condizione di partenza.
Barbie Fashion Beauty, attraverso questi suoi rituali, riempie il tempo nell’attesa che certe cose possano tornare. Qualche volta riesce a distaccarsi dalla sua patologica scarsità di sentimenti ed emozioni e spera, tantissimo, con tutta se stessa; una volta è riuscita persino a piangere.
Nell’androne di casa Barbie incrocia la vicina, che la guarda ammirata e dopo i “Come va?” di rito esclama: “Oh, ma non sembri depressa!”
E niente, questo è all’incirca il sugo della storia.
Nota. Questo pezzo in realtà è stato scritto diversi giorni fa. Nel frattempo, oltre al lockdown terminato, è accaduta una cosa assai felice di cui spero di poter raccontare presto, e che cambierà se non tutto, molto. Moltissimo. A presto 💜
(Foto: Pixabay)
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Grazie e buona lettura! 🙂
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