Se siete sensibili all’argomento Australia-Italia, è possibile che questo post riguardi anche voi.
Australia-Italia: cosa succede con il Covid-19
La richiesta per voi, al momento, è una sola, cari amici e soprattutto parenti di uno sciagurato expat nella terra dei canguri: non vi ammalate. Dico davvero. Non vi permettete! Guai ad azzardarvi. Coronavirus o qualsiasi altra diavoleria, non pensateci nemmeno, mai vi venga in mente. Non ci provate. Avevo anche aggiunto “Perché rischiate di crepare da soli”, ma poi l’ho cancellato, non sono così egocentrica.
A quanto pare, l’Australia è la nuova Corea del Nord. Il recente paragone non l’ho proposto io, bensì autorevoli testate e opinionisti internazionali (trovate tutto negli articoli linkati alla fine). Il pugno di ferro è lo stesso. Noi expat down under siamo i prigionieri contemporanei di lusso. Cittadini di vari Paesi del mondo, venuti fin giù nella democratica Australia attratti dalla promessa di lavorare sodo e starcene tranquilli, abbiamo ricevuto esattamente questo e solo questo: viviamo la pandemia e l’isolamento (e anche il coprifuoco serale, a Melbourne) dal dorato comfort delle nostre case malauguratamente elette, in tempi più promettenti, a luogo di residenza primaria. Viviamo, attendiamo. Non potremmo andarcene nemmeno se lo volessimo. Non ci è permesso.
Lo Stato ha chiuso i confini. Non parlo dell’entrare – che ogni Paese è sovrano e a un certo punto facesse pure quello che vuole (qui non mi preme entrare nel merito) – bensì dell’uscire. Il diritto fondamentale di chiunque: tagliare la corda, fosse anche per non fare più ritorno. Soprattutto per chi appartiene altrove. Un diritto che per chi risiede qui in maniera permanente non è più scontato. Quindi, attualmente, non solo Australia-Italia, ma qualunque spostamento ambizioso è un gigantesco NO.
Confini chiusi: (quasi) impossibile uscire
Vuoi fare un viaggio di lavoro o di piacere fuori dall’Australia? Non puoi. E va beh, fin qui! L’auspicio sarebbe difficilmente realizzabile in ogni caso, anche senza divieto, poiché i pochi voli in uscita vengono continuamente cancellati. A scapito ovviamente dei non ricchi; i ricchi prenotano in business class, i pochi posti – guarda caso – che le compagnie aeree costrette a distanziare i passeggeri se la sentono di mantenere lungo le tratte. Un viaggiatore dovrebbe poi affrontare la quarantena obbligatoria nel Paese di arrivo, per non parlare di sostenere i costi di quella di ritorno in Australia (3000 dollari a cranio, magari da trascorrersi proprio nello stesso hotel in cui inizialmente le misure di sicurezza non sono state rispettate, da cui la seconda ondata locale di coronavirus in anticipo su molti Paesi del mondo). Viaggiando oltretutto senza assicurazione (non credo che riuscirebbe a stipularne una, oggi).
Sfido ogni spirito vacanziero dalle ambizioni internazionali a non eclissarsi, in tali condizioni; soprattutto se già di per sé si possiede un senso di responsabilità, e si è ben persuasi che in nome della sanità è meglio rimandare gli spostamenti non essenziali e rinunciare a quelle due settimane in patria tanto rinvigorenti per il morale del resto dell’anno. Lo spirito di sacrificio tra gli expat non manca, sebbene vada di moda pensare il contrario.
Però l’Australia, quando non è approssimativa, è capace di guizzi di particolare scrupolo. E allora ha vietato proprio ufficialmente di uscire dai confini, a tutto il continente. Capito, cari coloni nativi e importati? Vietato andarsene! Nichts! E ora, fruttuosi stranieri residenti, scordatevi per un po’ delle vostre origini, e la prossima volta pensateci due volte prima di emigrare su un’isola. Marsch! Ah no, sitzt!
Reazioni
Ora: va bene. Tutto questo lo accettiamo. Per riempire questi mesi ci stiamo dando alla mindfulness (direi che si vede), all’acquisto compulsivo online dei più improbabili generi di conforto, al riciclo creativo delle cialde di caffè, al predicare la calma tra gli animi più smarriti (come faceva Vulpis I, qui), o alla formazione online per prenderci il quarantesimo diploma; e ci auguriamo che i party clandestini dei vicini di casa vengano presto scoperti e fatti cessare, possibilmente con un certo spargimento di sangue affinché il senno penetri anche nei cervelli più restii.
Tanto, ci sarà di sicuro qualche sgargiante rivista che per venderci sogni turistici ci rivelerà che possiamo persino viaggiare con la mente.
Fin qui, pur stupendoci di come tra i docili e mansueti australiani non si diffonda neppure una minima parvenza non dico di protesta, ma almeno di malcontento per il travel ban, noi expat borbottiamo tra noi e poi ce ne stiamo comunque buoni buoni, esattamente come tutti gli altri. Siamo ospiti, rispettiamo le regole e osserviamo, spesso senza nemmeno tutte le parole per esprimerci come vorremmo.
Spostamenti interni? No!
“Ma potete viaggiare internamente al Paese!” – dirà ora qualcuno. Fermo restando che vorrei rimanere sul tema “viaggi all’estero”, volete davvero che vi racconti di come ciascuno degli stati australiani abbia posto ferree restrizioni anche a chi proviene da quelli adiacenti? Volete proprio scoprire che, se ad esempio dal Victoria volessi fare una capatina all’iconico monte Uluru, nel Northern Territory, non potrei farlo prima di 18 mesi (18 MESI! Faccio prima a comprare una mucca e produrmi un parmigiano!) perché il Territorio “si deve proteggere” (ok che lì abitano parecchi cagionevoli Aborigeni)? Ma poi che dico, gitarelle… Volete invece scoprire che persino chi si deve operare urgentemente e abita vicino a un confine interno non può varcarlo per raggiungere l’ospedale? Mentre gli studenti internazionali, in buona parte asiatici, pur con qualche accorgimento vengono fatti entrare da fuori perché portano palate di soldi? No, non volete. Torniamo a parlare dell’estero.
Australia-Italia: il gran rifiuto (e una supplica)
Veniamo al punto più controverso per noi, cioè a coloro le cui persone care – mettiamo, in Italia – si ammalano. E qui viene il bello. Perché a questo punto, rientrare al Paese d’origine non è più piacere, né lavoro: è vita, no? Tsk tsk, nicchia il governo Australiano, che in un lesto battito di mani ha deciso di tramutarsi in un sovrano assolutista, in uno zar autocrate davanti al quale è necessario inginocchiarsi a mani giunte per fare richiesta di un esonero dal divieto di viaggio, nella speranza che la propria supplica venga accolta. Delle centomila domande inoltrate finora da residenti stranieri per motivi di emergenza, solo una su tre è stata accettata. Presumibilmente dopo la consumazione di un certo tempo prezioso. Dopodiché, anche in caso di grazia, segue l’iter sopracitato per andare e per tornare. Uno sballo. Per due persone su tre, neanche quello.
Insomma, ve l’ho detto subito e ve lo ripeto: cari amici e parenti dei simpatici e aitanti expat giù in terra australis, giovani o meno giovani che siate, cortesemente fate i bravi. Guardate bene da entrambi i lati della strada prima di attraversare. Trattatevi bene. Per i più anzianotti, suggerisco magari un trattamento di crioconservazione da vivi, nell’attesa di tempi migliori.
Nel frattempo, se qualcun altro volesse adottarci virtualmente visto che come potete notare stiamo discretamente alla frutta, o per meglio dire direttamente al bidone dell’umido, sarà ben accetto.
Link di approfondimento:
https://www.ft.com/content/9cbbc348-12c0-4d16-8f3e-0b118c392abc
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Grazie e buona lettura! 🙂
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