Si visualizza subito una cosa, pensando a Maurits Cornelis Escher: disegni assurdi, paradossali, infiniti. Ve ne racconto presa dall’infatuazione, di ritorno dalla sua mostra qui a Melbourne.
Premessa. Amare Escher prima ancora di conoscerlo
Da bambina avevo un set di lenzuola preferite. C’era stampato un motivo di pesci che nuotavano e di uccelli che volavano, tutti nella stessa direzione, fino ad incontrarsi, confondersi e trasformarsi leggiadramente gli uni negli altri. Mi stregava. Mi faceva pensare che anch’io, una volta imparato a nuotare o a volare, sarei potuta essere più cose contemporaneamente, perfezionando l’immaginazione.
Più in là, a scuola, lo stesso motivo me lo sono ritrovato in copertina sul libro di scienze, e lì ho capito che gatta ci covava. Probabilmente, una gatta che in un altro punto nascosto dello stesso disegno era stata un drago, o una rana saltante.
Dopo ho scoperto che quel motivo aveva un autore che si chiamava Escher, il quale amava realizzare con pazienza certosina immagini bizzarre, a metà tra l’esattezza matematica e la più libera e sfrenata fantasia.
Poi mi sono appassionata ai paradossi e alle illusioni percettive, come quella degli omini che percorrono una scala fatta di gradini soltanto in salita eppure ritornano al punto di partenza. E anche lì, spesso e volentieri, c’era lo zampino di Escher: disegni perfettamente sensati, ma anche no.
La mostra “Escher x nendo”
Di recente, uno studio di design giapponese, nendo (scritto minuscolo, con sede a Tokyo e a Milano) ha curato l’ambiente di un’esposizione immersiva da urlo tutta dedicata a Escher, cercando di renderne lo spirito delle opere sin dal décor ospitante, tramite installazioni spaziali.
Il modulo-base ricorrente era la forma minimalista e familiare della casa in continua evoluzione, moltiplicazione, proprio come i singoli tasselli grafici dei quadri dell’artista olandese (attivo dal 1917 al 1971). Una creazione che, guarda caso, mi ha fatta sentire a casa, nel mio elemento – perché sorprendermi è un po’ il mio pane quotidiano.
Questo è il mio raccontino fotografico della mostra, la prima australiana in assoluto su Escher. Mi ha ammaliata allo stesso livello di quando da bambina seguivo con le dita sulla federa, cercando di venirne a capo, le linee degli animali in metamorfosi.
Nessuna pretesa di esaustività, solo il piacere di condividere gocce di un artista che per me ha qualcosa di speciale. Anche perché certe occasioni dal vivo, quaggiù in queste lande desolate, sono da festeggiare e riverire.
Escher: disegni di un grafico for life
Pensando ad Escher viene subito in mente un mondo grafico fatto di realtà impossibili, manipolazioni spaziali, processi logici celebrati e frantumati, multidimensionalità irreali.
Escher è l’autore di allegri pattern ricavati da forme incastrate insieme, di scherzetti visivi, di metodiche distorsioni che si prendono gioco di chi guarda e delle sue certezze. Si fa amico l’assurdo e ci gioca insieme; forse, inconsciamente, per esorcizzarlo.
Con che metodo illustra, questo studente di architettura e arti decorative poi datosi alla grafica? Con stampe e litografie, per tutta la vita. Tranne quando non può proprio evitare l’intervento di un tecnico più specializzato, oltre a costruire/intagliare il modello base in linoleum o in legno, si occupa lui stesso anche della produzione delle stampe finali. Si firma con le sue iniziali, MCE.
L’Italia e il mondo naturale… più o meno
Escher vive per anni in Italia (da cui si allontana con l’ascesa del fascismo), il che gli permette di esplorare il suo amore per il mondo naturale e per i paesaggi, utilissimi per riempire di elementi le sue tele mentali, che lui chiama “visioni interiori”. Alcune di esse contengono già alcuni elementi di distorsione, anche iperbolica, tipici delle opere più note. Lo attraggono particolarmente i villaggi medievali, con i loro tetti assemblati e le loro torri, che gli consentono la sperimentazione grafica di punti di fuga estremi.
Dal mondo esterno al mondo interno. Spazi mentali
Cosa attrae Escher? I concetti di contrainte, limitazione, struttura, disciplina (lo stesso metodo della stampa, rispetto al disegno libero, richiede il rispetto di certi limiti e ordini), in rapporto con quelli di moltiplicazione, di infinito, di caos. “Il caos è la profusione senza ritmo”. Cerca per tutta la vita di conciliarli. Ma non con dramma e frustrazione, bensì più con l’ostinazione, la razionalità e il rigore di un metodico spirito germanico. Senza mai dimenticare quella certa intricata semplicità fanciullesca, quella nota di divertimento, di predeterminato imprevisto che può fare la differenza in termini di meraviglia.
Alcune opere giovanili:
Il bello è che all’inizio lo prendono sul serio solo gli scienziati, i logici, i matematici, mentre per tutti gli altri certo è bravo, ma non da strapparcisi i capelli per studiarlo. Solo chi ne capisce di matematica invece intuisce che le sue opere si fondano su principi numerici esatti, dei quali in certi casi la formula non è stata ancora individuata. (Avete presente il principio dei frattali o la distorsione di Riemann?). E questo illustratore invece la estrinseca visivamente senza sforzo!
A volte, invece, lo stesso Escher va a studiarsi articoli scientifici per capire meglio alcune forme e regolarità. Ad esempio quelli sui cristalli, gli unici solidi platonici già presenti in natura, che lo affascinano profondamente (come dargli torto?).
I misteri di Escher: disegni tassellati
L’artista esplora spesso i temi del movimento ciclico nelle tassellazioni geometriche, della dualità, dell’interazione figura-sfondo, del riflesso, spesso distorto; e della non-corrispondenza, del dettaglio che stranisce. I suoi piccoli particolari atti a stupire non sono immediatamente visibili, ma richiedono qualche secondo di osservazione (o ispezione, per l’occhio che già sa cosa aspettarsi dall’autore) prima che ci si renda conto che nell’insieme della composizione qualcosa non va.
Escher intuisce certe leggi nascoste, da quelle del mondo fisico a quelle del mondo interiore. Inclusa la più universale: che siamo tutti piccoli osservatori che sperano segretamente di essere sbalorditi, come in un gioco di prestigio.
Grazie, National Gallery of Victoria!
Cosa ne pensate? Vi piace Escher?
Le foto pubblicate le ho scattate sgomitando tra la folla. 🙂 Per gli assetati di immagini ulteriori – e soprattutto dritte! -: le trovate tutte comodamente su WikiArt a questo link.
Segnalo anche il film del 2018 “Escher – Viaggio nell’Infinito”. Non può che essere bello!
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Grazie e buona lettura! 🙂
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