The Ghan: treno mitico, sogno per molti, e per me scusa per riflettere sul cambiamento.
Vissuto attraverso il deserto o dal proprio divano di casa, permette un viaggio che sarà soprattutto interiore.
[Ultimo aggiornamento: 23/07/20]
Climi che mutano
Qui a Melbourne, il clima lo possiamo immaginare come un soggetto folle che gironzola schiamazzando e pestando i piedi lungo i corridoi di un manicomio: non si sa mai attraverso quale porta irromperà, e a chi farà la prossima scenata isterica o sorriderà con calore.
Nel dubbio, io lo adoro: mi insegna a convivere con l’inatteso, a stare all’erta, a sorridere sempre e a mantenere la calma.
“Quattro stagioni in un giorno”: dubbi…
Gli australiani del mio Stato, i Victorians, sono fissati col meteo tanto quanto un vecchietto lo è con il “suo” cantiere, nell’illusione che una sovrabbondanza di logos – nella forma di discorsi e aggiornamenti radiotelevisivi – aiuti l’episteme. Ciononostante si esce tutti di casa dotati di oggetti antitetici quali crema abbronzante spray e ombrello, occhiali da sole e felpa, pronti a queste famose four seasons in a day (diversamente da come uno si immagina, essendo Melbourne ben più a sud dei Tropici le stagioni ci sono tutte e quattro: il punto è che non si sa mai quale si presenterà ogni giorno, o meglio ogni paio d’ore).
… E certezze
Contrariamente ai piagnistei dei Melburnians (che non appena tira un po’ di vento stagionale lamentano stizziti “it’s freeeezing!!”), per me non esiste nulla di più rassicurante di un ambiente del genere, in cui è possibile scorrazzare felici nella certezza che il décor cambierà più velocemente di un fondale di scena. Si è obbligati a godere di ogni atto del volatile right here, right now, anche quando piove: passa subito, come si direbbe a un infante con la bua. Ma poiché molti detestano tutto questo, io sono forse un’ottimista sotto la cenere delle apparenze?
Cosa c’è nel cambiamento?
E da un osservatorio più esistenziale che metereologico, mi chiedo: il cambiamento è da temere, o è piuttosto un’istanza su cui poter contare, no matter what? O una scusa per non concludere? Una strategia per sopravvivere? Un tentativo di riassumere e apporre un contorno sull’infinita pluralità dell’essere, becchettandone piccole dosi qua e là, in un’illusione di temporanea sazietà? Tout passe, tout lasse? Scelta o inevitabilità? Forse una rete intrappolante? E in che modo ci tiene avvinti, ce ne si può affrancare? Conosco persone così terrorizzate dal cambiamento, da vivere nella più ortodossa delle paralisi joyceiane. Peggio questo, o il dover mutare per forza, per una pulsione ancestrale? O magari è la stessa patologia, solo invertita di segno? E se invece il cambiamento fosse un’immunità, grazie a cui attraversare il susseguirsi delle stagioni senza mai voltarsi indietro, restando integri?
Cosa c’è nel divenire, che attrae così tanto? E qual è il divenire più appropriato a ciascuno: un montaggio ultraserrato o un ralenty esitante? O un moto rettilineo uniforme, senza attrito alcuno?
The Ghan, treno di una vita
In Australia, soprattutto se si è attratti da quest’ultima opzione, e si vuole far pace col tempo e col divenire attraverso lo spazio, si può salire sul Ghan e partire.
Il Ghan è un po’ l’Orient Express locale: un mitico treno che, in tre giorni, trotta lungo tutto il continente da Sud a Nord, da Adelaide a Darwin, con brevi soste in qualche cittadina iconica del deserto centrale – una tra tutte: Alice Springs –, dove è possibile scendere e fare un giretto esplorativo (da soli o con un’opzione organizzata). E poi, con calma, se ne torna indietro e ricomincia la tratta.
The Ghan, treno della contemplazione
Si chiama Ghan perché fino a fine Ottocento la via era percorsa, sempre più parzialmente, dai cammellieri di origine afGHANa (e sì, ancora oggi nel deserto australiano ci sono i cammelli!), fino al completamento della ferrovia.
Il Ghan corre dritto dritto, con il suo lungo chilometro di vagoni rossi fiammanti come il sole dell’outback, attraverso l’ocra del surplus di ferro della terra australiana, che al passaggio delle ruote prende forma nel rettilineo infinito del binario. Non ho ancora fatto il viaggio di persona, ma non appena accadrà ve lo racconterò da quella prospettiva dettagliata. Però il bello del Ghan è che nel frattempo, e nel tempo, lo si può guardare in tv, e si viaggia comunque. E si cambia, anche.
Una sera, su SBS (uno dei pochi canali televisivi di stampo europeo), in via sperimentale, ne è stato mandato in onda un montaggio di tre ore. Sul Ghan erano state piazzate telecamere ovunque: sopra, dentro e anche intorno ai vagoni, su dei droni, a coprire ogni prospettiva. Ma naturalmente la soggettiva frontale rimaneva di gran lunga la preferita, come nella vita, con la sua focalizzazione interna singola.
The Ghan: treno da casa!
L’esperienza ha diviso gli spettatori: dal giorno dopo, alcuni vacui australiani borbottavano contro l’inutilità e la tediosità di una trasmissione del genere, mentre altri più illuminati ne avevano compresa la bellezza e ne chiedevano ancora.
SBS è stata magnanima, e qualche giorno dopo, dall’alba fino al tardo tramonto estivo (qui in gennaio siamo in piena estate) ha trasmesso una porzione più estesa del viaggio originale, della durata di una giornata intera (17 ore, circa un terzo della lunghezza integrale). E’ stato un viaggio magnifico.
La “Slow TV”: viaggiare da fermi
Solo binari, rumore di fondo, arbusti, deserto, calore rovente, cieli e nubi in corsa. La perfetta occasione per riflettere in soggettiva sull’andare avanti, ma anche sul cambio di focalizzazione e di stagioni. Il tutto comodamente da casa, longtemps.
Il programma non era un’invenzione nuova in assoluto, ma comunque una prima TV australiana (la trasmissione più simile la fece per prima la Norvegia dal 2009, mandando in onda le riprese di una tratta di treno prima di cinque ore e poi di cinque giorni, la “slow tv“). Nonostante le perplessità di alcuni (magari anche la vostra?), è stato un successo. Forse è (anche) nell’immobilità e nella contemplazione che è possibile meditare sul cambiamento?
Se soltanto un montaggio del suo percorso, guardato dal divano di casa, è capace di proiettare in uno stato di entusiasmo sognante e consapevolezza, il Ghan vissuto dal vivo cosa dev’essere?
Se mi leggete dall’Australia, o se l’avete visitata e l’avete preso, fatemi sapere cosa ne pensate!
Il sito ufficiale del Ghan: www.greatsouthernrail.com.au/trains/the-ghan
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Grazie e buona lettura! 🙂
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