Un post che è il seguito, dopo luuuungo tempo, di questo:
L’appuntamento incombeva da tempo, perciò sono tornata a Parigi, per vedere se poteva essere ancora un po’ mia. Per verificare se davvero, come avevo osato sperare, un giorno non ci sarebbero più stati sangue sui marciapiedi, gambe blu di lividi, anestesie della mente. Volevo che Parigi esistesse nuovamente anche con me – da sola – dentro; non più galleggiante sul dolore e sulle assenze, ma ben salda sulla propria figura ondulata fatta di carne, roccia, tepore incubante e vortici incrociati d’aria e di parole, nella langue de la beauté.
Ora le sue ferite sono ancora lì da qualche parte, ma lei le copre e gira come sempre, e più veloce. Si agghinda pure, ma non per forza, nessuna pistola puntata alla testa glielo impone più.
Una targa commemorativa c’è, discreta, ma ora è possibile salutarla di sfuggita senza farsene imprigionare e passare oltre, nella premura di vivere il nuovo.
Avviene in diretta mentre attraverso un ponte dalle statue alate, rileggendo il suddetto vecchio post per soppesare il cambiamento: è la guarigione – potente, emozionata, fiorita.
I poeti, dalle loro case-museo o dai cimiteri, hanno ripreso a parlare. Alcuni di loro stanno venendo al mondo ora, altri perfezionano l’ultima frase del manoscritto. Su di sé assumeranno tempi duri, ma anche una voce tagliente e cristallina. Scorrerà di sbieco, passerà attraverso le ombre e andrà lontano.
Paris Visite
Uno dei miei passatempi preferiti – tra quelli sani – a Parigi è osservare i turisti: quelli con le giacche in tessuto tecnico, i borselli attira-ladro e l’insouciance ancora intatta, non derubata. Gli sorrido, forse un po’ troppo. Vorrei chiedergli: ça va, vous aimez ? Lo sapete che a Parigi ci sono cinque statue della Libertà, da cercare come in una caccia al tesoro? Che potete scendere nelle Catacombe (mi raccomando il giubbino, fa freddo), trovarci iscrizioni di Baudelaire e pensare all’amore nel momento più inaspettato?
Sapete che al Musée de l’Homme è esposto il cranio di Cartesio, e che se lo guardate bene vi sembrerà che anche lui, dopo aver fondato tutta la nostra moderna filosofia, vi guardi, proprio voi? O che più in là, in quella grossa galleria naturalistica dentro a un giardino romantico, potrete scoprire tutto sull’unicorno, quello vero? E avete letto del recentissimo Museo delle Fogne, che esiste sul serio (e where else?), e che la visite guidée vi racconterà di quando, oltre alle perenni armi che molti vogliono far sparire nelle cloache, ci hanno ripescato un coccodrillo? Sospettate che in quel luogo, tra blatte e miasmi, Parigi vi farà davvero schifo, ma che nemmeno così riuscirà a disgustarvi?
Conoscete già, conoscete ancora il lusso di tutto questo?
Avete ben chiaro che se salirete al Centre Pompidou, in cima alle sue scale mobili seghettate che chiamano la chenille (il bruco), e guarderete Parigi dall’alto a vostro rischio, saprete di non dovervene mai più andare via? E che sarà proprio allora che, invece, scegliere di tornare coscientemente a casa sarà la vostra più grande conquista?
Paris is Frantic
A Parigi mi sento come se indossassi la faccia sciupata di Harrison Ford, direttamente tratta da un vecchio e ineguagliabile film del 1988. Una faccia dove accade di tutto, ci passano sopra tutte le espressioni umane possibili. Lui se ne arriva straniero in città, tra ingannevoli lampioni arancioni e distese di un asfalto troppo dritto e liscio per essere davvero sicuro; incappa in una sfilza di cose improbabilissime e rischia la pelle; e alla fine, dopo che qualcun altro muore male al posto suo sotto gli occhi di una Statua della Libertà, lui smolla la valigia sbagliata che gli avevano appioppato e, salvo e libero da zavorre, se ne va. Si ricongiunge con la moglie con uno sfinito “Ti amo, baby”, ed è l’unica frase possibile, perché l’indicibile è meglio che se ne rimanga lì dove stava.
A Parigi ogni volta mi sembra di assistere alla mia vita come a un film. Non perché mi senta una protagonista speciale, ma perché quel che c’è e quel che succede mi risultano sempre della massima intensità e importanza. Parigi mi investe di narrazioni e a me piacerebbe essere in grado, un giorno, di restituirne almeno un po’.
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Grazie e buona lettura! 🙂
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