Da sottoterra a simbolo della Pasqua australiana: ecco il bilby! Con un nemico, i conigli
Un racconto aborigeno: il Bilby e la Luna
Narra una leggenda aborigena che un bel bilby se ne andasse in giro per il deserto centrale australiano, quando si voltò verso il cielo, vide la luna che lo fissava e si spaventò.
Allora si mise a scavare una minuta galleria sotterranea a spirale, per nascondersi da quegli occhioni indiscreti, e rispuntò fuori poco più in là, da un gruppetto di rocce. Ma la luna, curiosa, era ancora lì, tonda tonda, con lo sguardo fisso, che cercava di capire cosa fosse quella bestiola con le orecchie lunghe.
Il piccolo e schivo marsupiale si inabissò di nuovo nel terreno, scavando, e così via da un punto all’altro, finché non nacque l’habitat del bilby: gallerie sotterranee nel sottosuolo del deserto arido, dove gli esemplari di questa strana e discreta specie vivono ancora adesso. Cercando insettini e altri piccoli animaletti per nutrirsi, fanno un gran bene alla terra brulla e riarsa, smuovendola e dando impulso alla rigenerazione dei suoli e delle loro scarse radici.
Come narrano gli aborigeni
Mentre l’aborigeno racconta questa storia, indicando le rocce una qua e una là, secondo il percorso di fuga del bilby, non sta facendo altro che mappare il territorio, il che è parte integrante di ogni narrazione tradizionale indigena.
Le leggende dei popoli nativi australiani, infatti, tramandate oralmente, sono strettamente connesse ai luoghi, spesso considerati sacri: se ad esempio indico che una creatura raccontata è passata di qui, probabilmente sto segnalando un percorso reale utilizzato per qualche scopo dalla mia tribù. Due piccioni con una fava! Il che è un bene, perché i piccioni di quelle zone sono piccioni bellissimi, con la crestina punk.
Ma dicevamo: per questo le storie aborigene spesso devono essere cantate in movimento, nello spazio e nella durata, per essere interamente significanti. Contengono i racconti delle origini, una loro cosmogonia, ma anche delle vere e proprie mappe. E non so voi, ma io questa cosa la adoro, mi sembra insieme primitiva e intelligentissima.
Bilby contro conigli
E ora viene da chiedersi: ma cos’è di preciso un bilby?
Questo piccolo e riflessivo animale, per certi versi, è simile al koala e al wombat. Come il primo non ha bisogno di bere – almeno in teoria, se non consideriamo la siccità –; come il secondo scava tunnel e ha il marsupio rivolto verso il retro del corpo, per non insozzare il suo piccolo di terra scavata.
Quelle sue lunghe orecchie, suo marchio di fabbrica, lo aiutano a disperdere il calore accumulato nel deserto. E poi beh, sono assai vezzose.
E oggi, ahinoi, il bilby è una specie vulnerabile, principalmente a causa dei… conigli!
La piaga importata dei conigli australianizzati
Su questi ultimi non esiste alcuna leggenda aborigena, semplicemente perché i conigli sono stati introdotti Down Under dai primi coloni dall’Europa. Costoro non sapevano, o fingevano di non sapere, che la mossa innocente di liberare poche decine di esemplari nella natura, per il discutibile gusto di sentirsi un po’ più vicini a casa, e non secondariamente anche per cacciare (se siete fan della caccia come sport, per cortesia, chiudete questo blog e andate altrove!), si sarebbe rivelata catastrofica.
Come potevano ignorare il detto “riprodursi come conigli”? Chissà. Sta di fatto che oggi in Australia i conigli sono milioni, e sono considerati tra le peggiori sciagure per l’ambiente e gli ecosistemi, al pari del trasferimento di Hugh Jackman da Sydney agli Stati Uniti, che mi priva della pur remota speranza di incontrarlo per strada (e che mi ha quindi costretta ad acquistare un biglietto per un suo futuro show). Problemi senza risoluzione.
A furia di saltare qua e là e rosicchiare, i conigli distruggono le piante native e occupano di forza le tane di altri mammiferi, lasciandoli di fatto senza casa. In particolare il loro impatto sui bilby, a cui sottraggono anche il cibo, è particolarmente nocivo, e da ciò si è diffusa la tradizione pasquale alternativa degli ultimi 25 anni:
Il bilby pasquale di cioccolato
In principio fu una bambina, che disegnò e poi fece pubblicare un libricino su “the Easter bilby”, il bilby pasquale. L’idea piacque, così poco a poco comparirono i primi bilby di cioccolato, venduti come nuova mascotte pasquale australiana a fianco dei tradizionali conigli (popolari all’estero quanto le uova con sorpresa). Una mossa per riappropriarsi di un elemento locale al posto di uno forestiero, nonché per sensibilizzare i consumatori alla causa dei bilby da proteggere. Parte del ricavato va ad un’associazione che si occupa del salvataggio e della riabilitazione di bilby per reintrodurli in natura. Con uno slogan: “Bilbies not Bunnies”!
Ringraziamo dunque il concetto di arbitrarietà del segno, che qui si rende utile, e per la Pasqua in Australia scegliamo un bilby, finché dura!
Infatti, negli ultimissimi anni, le vendite in calo hanno suggerito che le persone sembravano essersi un po’ stancate del marsupiale al cacao. Cadbury, ad esempio, noto marchio distribuito in tutti i grossi supermercati, da quest’anno 2019 arresterà la produzione perché “non c’è abbastanza domanda”. E chi lo dice al bilby che per alcuni era tutta solo una questione di guadagno?
Adesso, però, un po’ come gli inglesi con la Brexit, la gente sembra essersi resa conto di essere stata poco lungimirante, e ora in molti richiedono a gran voce più bilby per tutti.
Le proteste sul web serviranno? Io nel dubbio ho firmato… Non vorrei restare senza il mio bel bilby di cioccolato, né senza quello vero.
PS – A ciascuno il suo! Se ad esempio, in Francia, il villaggio di Charleville ha dato i natali ad Arthur Rimbaud, in Australia un omonimo villaggio di Charleville, in Queensland, dà i natali a… molti bilby! Lì infatti si trova la Bilby experience, un centro interamente dedicato a questi teneri e schivi marsupiali. Amo questo mio continente d’adozione anche per posti come questi: mi consolano della lontananza di Rimbaud, almeno un po’.
Buona Pasqua dal Western Australia… Sono in partenza per l’esplorazione, che non mancherò di raccontare! Nel frattempo potete seguire il mio viaggio su Facebook e Instagram!
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