Lo so, lo so che il dingo, cane australiano rinselvatichito ormai da tempo (anche detto cane nativo), vi piace. Posso capire.
La bellezza del dingo, il cane rinselvatichito nativo d’Australia
Ma io concordo con Lucy: sul più grande carnivoro d’Australia bisogna riflettere un po’ di più. Partiamo dal suo ruolo in natura: il canis lupus dingo, originario del Sud-Est asiatico, è una specie chiave, predatrice ma non preda, e perciò asticella dell’equilibrio della catena alimentare di tutto un ecosistema.
Con le sue orecchie dritte, i suoi calzini bianchi e quel suo bel manto, una pelliccia color crema (con talvolta variazioni verso il bianco o il nero, sempre restando chic), il dingo è una creatura indiscutibilmente distinta, elegante, nobile. L’Achille canino, un semi-dio dal portamento plastico e signorile.
Bello = buono?
Nell’esatto centinaio di animali esotici delle Cento schede a mille lire con cui giocavo da bambina (se non vi ricordate delle lire cosa ci fate qui? uscite a godervi la gioventù), il suddetto canide era il mio preferito. Sembrava lavato e profumato con il Coccolino, lo immaginavo profumato anche nell’animo.
Fu proprio così che caddi in un subdolo errore, perdonabile ai più piccini così come ai popoli antichi, ma da contrastare con ogni mezzo nella moderna vita adulta: credere alla kalokagathìa, la supposizione anticogreca che la perfezione fisica sia specchio di quella morale. Forse funzionava per Achille, ma di certo non per l’uomo contemporaneo, nonostante quello che vogliono farci credere (soprattutto da quando anche Brad Pitt invecchia male e sfarfalla in giro); e di certo non per il dingo.
Cosa mangia e come caccia il dingo
Per dire: il dingo, tra i vari animali di cui si nutre, preda anche il wombat. Il suo destino su questo blog è segnato.
Ma non occorre essere di parte. Il dingo mangia di tutto, dagli insetti ai bufali. Persino il canguro rosso da novanta chili, inseguendolo in branco finché il povero marsupiale non si sfianca e stramazza. A quel punto, da dietro al primo esemplare inseguitore spuntano i meno stanchi compagni a terminare l’opera; poi tutti a casa per il digestivo.
Si pensa che sia stato il dingo a far estinguere il tilacino (una piccola tigre australiana scomparsa ufficialmente da alcuni decenni), e a scofanarsi pure gli ultimi diavoli della Tasmania che rimanevano nell’Australia continentale. Di diavoli ne rimangono appunto solo in Tasmania, che è un’isola, ma giusto perché il dingo non sa nuotare – anche se ogni tanto qualche pesce se lo procaccia, dalle rive – e fin lì non ci arriva.
Gli unici fastidi occasionali del dingo sono dati giusto da qualche serpentello dal basso e da qualche rara aquila dall’alto. Niente che lui non sappia gestire con un’alzata di sopracciglio e una perfetta mossa da Discobolo.
Carattere
Il dingo, che piaccia o no, è un animale opportunista. Recinzioni permettendo, signoreggia come gli pare, ruba e sbrana e poi cambia zona. Si dice persino in giro che mangi i bambini, sebbene dalle sue parti il comunismo non sia mai arrivato.
Inoltre non brilla per coraggio: preda i più deboli, spesso accerchiandoli, li prende per stanchezza piuttosto che affrontarli direttamente. Tant’è vero che oggi se dite a un australiano che è proprio un dingo, non è che la prenda benissimo.
Il dingo, cane australiano da confinare?
Persino l’uomo, a un certo punto, ha detto basta allo spadroneggiare del dingo e a fine Ottocento ha tirato su lungo tutta l’Australia una mega dingo fence, una recinzione di contenimento più lunga della muraglia cinese. Questo per evitare che i dingo, dal Nord, se ne andassero a divorare liberamente il bestiame del Sud.
E visto che la recinzione funzionava, certi governi hanno pensato bene di farsela anche loro, per umani però, con variante elettrificata o cementificata. ‘Na cosetta da nulla, per dividere i Nord dai Sud e gli Est dagli Ovest sentendosi padroni e potenti. Come quello lì di oggi col parrucchino, cianciando che anche gli spostamenti umani lascino dietro di sé una scia di carcasse di capi d’allevamento. Ma meglio tornare al dingo.
Dove vive e dove preda il dingo
Oggigiorno l’habitat umano è così permeante da non lasciare più molto spazio al nostro, che se ne va a spasso indomito nel Nord-Est del continente. Lo si trova in particolare a Fraser Island come special guest, ad ammaliare i turisti con pose degne della Magnum.
Quelli di quest’isola del Queensland sono i dingo di razza più pura: i dingo infatti sono così seduttori che riescono ad accoppiarsi non solo tra loro, ma anche con cani domestici, creando ibridi di difficile identificazione.
Dingo, cane australiano domestico: sì o no?
Ogni tanto si tenta di addomesticarlo quanto basta per farsi aiutare nella caccia al canguro o all’emù, e bisogna chiederglielo con reverenza. Alcuni padroni di allevamenti ogni tanto provano anche a farne un animale da compagnia adottandolo sul nascere, ma non funziona quasi mai. Infatti dopo un po’ lui se ne scappa in the wild, rinunciando alla pappa pronta e a una vita lunga ma per lui noiosa (vive anche 15 anni in cattività, contro i 5 in libertà). E gli umani, scornati, alla fine si prendono un cane normale, senza mai rivelargli che è solo un ripiego.
Il dingo e gli Aborigeni
Insomma, nonostante tutto il dingo rimane un animale assai amato e ammirato.
Gli Aborigeni poi lo adorano da sempre, attribuendogli un ruolo di spicco nel Dreaming, la loro religione-mitologia a trasmissione orale. Grazie ai dingo prevedevano la nuova stagione: una cucciolata numerosa annunciava la secca, in cui più figli c’erano e più era probabile che qualcuno sopravvivesse, e viceversa. E questo in effetti aveva una sua utilità. Ma gli Aborigeni sono un caso a parte (e c’erano comunque anche le tribù che invece non si fidavano dei dingo).
Ora, domando io: questa atletica bestia godrebbe del medesimo successo nell’immaginario se, a parità di caratteristiche, invece che di un dingo avesse l’aspetto di, mettiamo, un lupoide bruttino e spelacchiato?
Il vero dingo non deve chiedere mai
Io dico di no. E qui torniamo alla kalokagathìa e al suo inganno, e a tutti quei soggetti a cui in virtù della gradevolezza estetica tutto è permesso; che anche quando la fanno un po’ più grossa, si minimizza perché in fondo dai, son ragààzzi.
Questo lo so bene anche perché ho vissuto sulla mia pelle il cambio di accettazione altrui: quando a Parigi, grazie alla dieta e a un cambio radicale di guardaroba, mi sono trasformata in una leggiadra e avvenente creatura, improvvisamente tutti volevano essere miei amici e mi trattavano più gentilmente. Eppure ero sempre la stessa persona!
Ma io non ho ceduto alle lusinghe e oggi, con lo stesso sospetto, diffido del dingo. Perché non posso amare del tutto qualcuno che non sappia cosa significhi fare uno sforzo, arrabattarsi, vedersela con chi è messo meglio, e soprattutto che non abbia idea di come ci si senta quando “Però dai, ha una brillante personalità”. Capirei se stessimo parlando di una creatura orribile che poi come premio fedeltà viene trasformata in un bellissimo dingo, ma così, troppo bello da troppo tempo, con tutto e tutti ai suoi piedi, no, not in my backyard! Too easy, mate.
Ti è piaciuto questo post?
Segui Lucy the Wombat su Facebook!
Iscriviti qui sotto per ricevere i nuovi post via e-mail (il tuo indirizzo verrà utilizzato automaticamente solo per questo scopo).
Grazie e buona lettura! 🙂
[Ultimo aggiornamento: dicembre 2022]
Lascia un commento