In questo articolo troverete non solo una guida completa su come si prepara e consuma – in tutti i suoi vari tipi – il caffè in Australia, dove vivo da 3 anni; ma anche la mia interpretazione di questa pratica diffusissima e osannata down under.
L’espressione “cultura del caffè“, quaggiù, ha un significato particolare che riflette pregi e paradossi di una nazione.
[Ultimo aggiornamento: 23 luglio 2020]
Domandina veloce per iniziare
Anche se in Australia l’alba ha questi colori,
ciò non toglie che ogni mattina, nel riabituare le palpebre all’esistenza con la stessa leggerezza di spirito di un dipinto di Munch, io fantastichi di disporre del mirabolante brio farfallino di quei simpaticoni che sui social spandono il buongiornissimo “con un caffè”.
Ma come, ma perché? Forse l’attesa del caffè è essa stessa il caffè? Please!
Il caffè in Australia come cultura
Nel dubbio, ho pensato di dire la mia su questa antica bevanda, raccontandovi dell’ipertrofico status di prestigio di cui essa gode qui dove abito: Melbourne. Metropoli rinomata in tutta l’Australia e nel mondo per la sua autoproclamata, appunto, cultura del caffè.
“Oh, vivi a Melbourne? Allora berrai un sacco di ottimo caffè!” – è la prima frase che molti australiani vi rivolgeranno con entusiasmo, ovunque li incontriate. (Se li lasciate continuare, la seconda sarà senz’altro una battuta sul clima schizofrenico).
Tradotto, ciò significa: la città è fissata con la caffeina, e con la sedicente eccellenza di tutto ciò che le ruota intorno.
Le persone ci credono davvero in questa narrazione, la incensano, diffondono pubblicazioni in cui non perdono occasione per farvi sapere quanto il loro caffè sia il migliore, se non dell’intero globo, almeno di tutto l’emisfero meridionale.
D’altronde è una terra ancora nuova nuova, qualche motivo di vanto internazionale oltre alla street art (grandiosa, va detto) dovranno pur trovarselo, no? Vaglielo a spiegare che “cultura” e “cultura del caffè” non sono proprio sinonimi, ma nemmeno iperonimo e iponimo l’una dell’altra. Insomma, bisogna dar loro tempo e fiducia. (Scherzo, Melbourne è una città splendida che offre tantissimo. Ma stamattina ho già letto in rete il mio primo “Buongiorno con caffè e dolcetti”, quindi partiamo male).
Il miglior caffè in Australia (secondo gli australiani)
Con il celebre caffè di Melbourne, non siamo ai livelli di celebre follia di quel prodigioso caffè in chicchi raccolti a mano dopo essere stati mangiati, digeriti ed riconsegnati al mondo dall’apparato escretore di ignare bestiole africane, e venduti a 500 euro al chilo; ma i Melburnians alimentano comunque (dissetano, soprattutto) la loro orgogliosa ossessione.
Detto tra noi, a me pare che in realtà non abbiano inventato proprio nulla tranne il flat white; cioè niente che chiunque di noi non avrebbe potuto realizzare per puro caso versando troppo latte in una tazza troppo grande, o abortendo un cappuccino. Ed è la varietà migliore!
Mille corsi per fare un caffè (e ogni altra cosa)
Scrivo con cognizione di causa, essendomi persino seduta in prima fila durante la formazione da Barista (figura chiamata proprio così anche in inglese) di una giornata, da me seguita pochi giorni dopo il mio atterraggio down under. Per scelta, ovviamente. Mi intrigava. E poi mi sarebbe servita.
Apro una parentesi. All’inizio della mia vita qui, ho frequentato varie scuole per prendere alcune piccole certificazioni, necessarie in quanto tutto è molto regolamentato.
Corsi concepiti per fornire a giovani e interdetti neoimmigrati da ogni parte del mondo, dietro cospicuo pagamento, l’effimera gioia di aver trovato una porta d’accesso al mondo della produttività.
Ad esempio, ho la qualificazione per maneggiare il cibo (Food Handling) nei ristoranti; l’attestato di primo soccorso (molto richiesto dai datori di lavoro); e la licenza per lavorare servendo bevande alcoliche. Infatti, se si prevede di trovarsi a vendere anche solo una birretta al chioschetto sulla spiaggia, o di mescere qualche bicchierino di vino in omaggio alla clientela di un festival, da lavoratori o persino da volontari non retribuiti, si è costretti a prendersi questa autorizzazione, o fioccano multe.
La Latte Art, la decorazione del cappuccino
Ma torniamo al caffè: ho frequentato persino le due ore facoltative sulla Latte Art, quello sì che è stato divertente!
Sarebbe stato persino utile, se solo avessi trovato la voglia di decalcificare la mia macchinetta del caffè elettrica che mi ero spedita dall’Italia subito prima di trasferirmi qui. Invece l’ho lasciata giacere impolverata in un angolo per mesi solo per poi scoprire che era rotta del tutto, mentre nel quotidiano mi drogavo mestamente di caffè solubile, tè e Cola Zero. Mesta situazione alla quale ormai ho fatto l’abitudine.
Perciò non ho mai messo davvero a frutto la mia abilità di decorare la superficie dei cappuccini con fiorellini, note musicali e anitre. Ma la apprezzo moltissimo negli altri quando vado al bar.
A Melbourne, se non servi un caffellatte con un perfetto ghirigoro di schiuma a forma di tulipano, frutto di un sapiente ondeggiare di polso, non sei nessuno! Le semplici spolverate geometriche con il cacao in polvere appartengono agli incapaci.
Come si diventa Barista: la scalata sociale
Dicevamo: quaggiù no, non è che semplicemente si prepara il caffè, così. Giammai! Semmai prima si impara a farlo!
Scordatevi di poter apprendere sul posto di lavoro (ad esempio se fate il cameriere), con buona volontà, velocità di apprendimento e buon senso. Qui bisogna presentarsi ovunque col certificato pronto, anche al suddetto chioschetto in spiaggia. E visto che qualunque certificato, a meno che non mandiate proprio a fuoco tutta una sede, finché pagate ve lo danno, ecco a voi il livello di garanzia di professionalità di molti mestieri australiani! Ma non sottilizziamo e andiamo avanti.
Ottenuta la qualificazione, bisogna trovare un baretto di quartiere dove un titolare sfruttatore, travestito da mecenate, conceda l’opportunity di affinare le proprie Barista skills per qualche tempo. Si finirà per avere l’onore di preparare il caffè da aiutante.
Infine, se il Fato continua ad arridere, si potrà sperare di fregiarsi dell’ambito titolo di Barista, con la maiuscola. Solo allora ci si potrà considerare arrivati (ancor di più se vi si abbina una lunga barba hipster).
La mia esperienza
Ovviamente io ho smesso subito prima dell’investitura finale e sono migrata a fare tutt’altro, perché 1) sennò che divertimento c’era?; 2) tanto ormai l’Aussie English avevo imparato a comprenderlo, potevo ambire a qualcosa di più stimolante della caffeina; e 3) non mi ci vedevo con la barba hipster.
E ora vediamo cosa ordinare una volta entrati in un bar, dopo aver salutato il cameriere che vi accoglie informandosi per finta sul vostro stato di salute (“Hi, how’s it goin’?”).
Caffè in Australia: quanti tipi ci sono? Come sono fatti?
Dimenticatevi l’espresso all’italiana, ma lo saprete già. Un paio di volte ho provato ugualmente a ordinarlo, traducendolo nell’equivalente locale ossia il ristretto; ma la cameriera non capiva, in barba al fatto che ogni scuola per Barista che si rispetti rilascia anche un accurato riassuntino di tutte le varietà in uso di caffè in Australia, e dei tipi di tazze/bicchieri in cui servirle.
Sicché ho spiegato io alla ragazza come prepararlo, rispiegandoglielo quando è tornata indietro confusa per chiedermi di ripetere. Sono poi stata costretta a trangugiare a occhi chiusi, concentrandomi su pensieri felici, il mostro ricevuto. Mai più! (Lo dico sempre ma ogni paio di mesi ci ricasco. Una volta, in un rigurgito di fiducia verso il genere umano, ho persino osato domandare un ristretto macchiato… Vi lascio immaginare il disagio da entrambe le parti! E avevo anche fatto la pronuncia australiana!).
Se infatti in un bar provate a richiedere una piccola variazione nel vostro ordine, non prevista dal menù, chi vi ascolta andrà in cortocircuito. A quanto pare le persone qui non sono programmate per una cosa così impegnativa, quindi evitate, per il bene comune.
Ed eccoci alla lista dei tipi di caffè in Australia! Ricordate: ordinare “un caffè” qui non significa nulla, a meno che non specifichiate quale volete.
Tutte queste bevande partono dalla misura base dello shot: 30 ml, ottenuti da una dose normale di miscela.
ESPRESSO o SHORT BLACK
Uno shot, da solo. È il nostro caffè “normale”, che qui sarà comunque troppo lungo di come lo vorremmo. Anche le tazzine sono più grandi. Ah, e tendenzialmente fa schifo.
RISTRETTO
Il nostro espresso italiano. Consiste nel fermarsi ai due terzi di shot (20 ml). Ma guardatevene bene: è ancora più cattivo!
Il ristretto è anche la base per le varianti weak di ogni caffè (ne parliamo tra poco).
DOPPIO
Due shots di caffè (60 ml). Servito in tazza grande o in un bicchiere. Per chi vuol proprio farsi del male.
CAPPUCCINO
Anche questo, detto “cap”, è più allungato delle aspettative, e sempre servito con una spolverata di cacao. La schiuma dovrebbe arrivare 10 mm più in basso del bordo della tazza. Al corso lo spiegano proprio in questi termini.
FLAT WHITE
L’invenzione autoctona di cui la nazione va più fiera: un cappuccino con il latte meno schiumoso, ma comunque un po’ schiumoso (circa 2 mm). Lì sta l’abilità del Barista, che si può – deve! – sbizzarrire nella creazione di figure instagrammabili in superficie.
LATTE
Il nostro caffè latte. Un bicchiere lungo, uno shot di caffè, il latte versato sopra, un centimetro di schiuma e possibilmente una stupefacente Latte Art.
AMERICANO o LONG BLACK
Una tazza grande con acqua calda, l’aggiunta di due shots. Un guazzo immondo. Nient’altro da dire.
LONG MACCHIATO
Esattamente un long black, ma macchiato nel modo in cui lo intendiamo noi. Il senso.
SHORT MACCHIATO
Il nostro caffè macchiato italiano assomiglia a questo, che è servito in un bicchierino. Solo che questo fa schifo.
MOCHACCINO (MOCHA)
Come il cappuccino, ma con un cucchiaio di cioccolata in polvere tipo Nesquik sulla base della tazza.
Come si pronuncia? Non lo so, non l’ho mai sentito ordinare da nessuno! Strano, perché sembra simpatico.
CHAI LATTE
Questo per me è il più misterioso. È un bicchiere con dentro due cucchiaini di polvere Chai, che sarebbe una cosa simile al tè, e per il resto latte con la stessa schiuma di un cappuccino. Non mi chiedete perché.
CIOCCOLATA CALDA (HOT CHOCOLATE)
Ebbene sì: anche la cioccolata, come tutto il resto, è considerata un “coffee”. Dimenticatevi la nostra buonissima, commovente cioccolata con panna! Questo, in tazza, è un mischione di: un cucchiaino di Nesquik o affini, acqua calda, un po’ di latte e la stessa schiuma del cappuccino. Una mestizia esistenziale.
BABYCINO
Il babycino è simpatico già nel nome: un bicchierino riempito di tiepida schiuma di latte, con una spruzzata di cacao in polvere in superficie. Si dà ai bambini o alle instagrammer.
AFFOGATO
Una larga tazza rotonda con dentro gelato e due shots di caffè. Se quando lo ordinate non vi capiscono, provate a dire “affogatto”: molti lo conoscono così. Ma non ridete.
PICCOLO LATTE
Ormai siamo nel nonsense più assoluto. Uno shot ristretto (20 ml) in un bicchierino piccolo riempito per il resto di latte, con 3 o 4 mm di schiuma. Ok.
Varianti
Tutte le bevande possono essere deboli (weak) o forti (strong), secondo una variazione nella quantità di polvere inserita nel filtro; e con un’ampia scelta di tipi di latte. Normale, scremato (skim), di soia, di mandorle… proprio come da Starbucks. Il quale però almeno si propone in maniera ultrapop, quindi se ci entrate è per scelta consapevole. Tranne quando puntate giusto alla sua comoda toilette.
Dimensioni: alcuni caffè, come il cappuccino o il flat white, si possono bere in tazza normale (cup) o un po’ più grossa (mug). Altrimenti di solito le dimensioni sono S / M / L, proprio come per le taglie dei vestiti.
Temperatura: la normale temperatura del latte è di 65°. Ma visto che le varianti non sono mica finite qui, c’è anche chi chiede il caffè “hot” (bollente) o non troppo, “not too hot“! In questi casi il latte sarà di 70° o di 55°.
Precisione certosina
Come avrete capito, il caffè in Australia è preparato con la stessa dedizione e precisione di un chirurgo plastico, mediante un procedimento accuratissimo e altamente codificato da regole ferree. Ad esempio il caffè da mettere nel filtro deve pesare sette grammi e va pressato due volte di fila, con una forza di 18 chili la prima volta e di 9 la seconda.
Per carità, anche l’esperto barista italiano conosce simili indicazioni, ma quaggiù esse sono l’unico appiglio mentale per combattere l’assenza di qualsivoglia tradizione e l’eventuale smarrimento o indisciplina del lavoratore, e perciò costantemente ribadite e sorvegliate. Dovreste sentire il tono impettito con cui ripetono “il Barista è l’enologo del caffè”!
Un incubo per noi italiani che, come tali (e proprio come da accuse rivolteci da chi storicamente non ne sa nulla di genialità), rivendichiamo il diritto di fare le cose così, senza riflettere troppo sulle istruzioni, ma con buon senso e passione, e di farle uscire comunque meglio.
Qui poi i lavoratori si fissano su minuzie quali pulire dieci volte (non nove, non undici, guai!) la macchinetta a fine giornata, e tuttavia quasi nessuno ha coscienza delle basi di un servizio almeno decente. Ovvietà non pervenute: la rapidità, la suddivisione dei tavoli tra i camerieri, ricordarsi le ordinazioni magari segnandosele, non sparecchiare mentre il cliente sta ancora masticando o solo quando il successivo si sta accomodando. Occorre invece risciacquare dieci volte la macchinetta. Non nove, non undici. Dieci.
Quanto costa? Prezzi
Il tutto per i seguenti prezzi: dai due dollari e mezzo promozionali ai tre e mezzo-quattro di una consumazione normale (cioè circa 2.50-3 euro), più i supplementi per qualsiasi variante immaginabile.
Come zuccherare il caffè in Australia
Dimenticavo lo zucchero! Non lo trovate al bancone, né ve lo danno insieme alla tazzina. Bisogna dire direttamente al barista o al cameriere quante zollette o bustine volete, e lui le metterà direttamente nel caffè per voi.
Ho scoperto questa losca faccenda al mio primo giorno di lavoro in un ristorante, quando ero qui da poco. Un ragazzo seduto a sorseggiare il suo caffè mi ha chiesto due bustine; quando gliele ho portate insieme al cucchiaino, ha scoperchiato il suo bicchierone (perché se l’era fatto fare d’asporto, col coperchietto, per terminare di berlo lungo la strada) e mi ha guardata, rimanendo in attesa che ci versassi io lo zucchero. Sono stata capace solo di appoggiargli lì le bustine e fuggire, sgomenta, con in mente L’Urlo.
Se vi state chiedendo come diavolo faccia lo zucchero a mescolarsi da solo, visto che sull’assenza dei cucchiaini sono tutti omertosi, sappiate che non ho ancora risolto il mistero. Per fortuna bevo caffè non zuccherato.
La soluzione finale
Amici, se pensate di non potercela fare con la cultura del caffè durante la vostra permanenza in Australia, potete sempre fare come me: infilatevi in un negozietto tipo 7/Eleven, ed erogatevi il vostro caffè da un misero dollaro alla macchinetta self service. Inspiegabilmente sarà più che buono, e vi appagherà senza nemmeno impoverirvi le tasche. Misteri della fede!
Ma ricordate: si fa ma non si dice, tanto meno a un australiano. Tabù!
Alla prossima! (Senza caffè, ve lo fate da soli, anche virtualmente!) 🙂
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