Per arrivare alla bellezza e all’amore irradiati dalle Buttes-Chaumont, Parigi, dobbiamo partire da un pochino più lontano.
[…]
A Parigi
Sulla terra
La terra che è un astro.
Jacques Prévert
Premessa. Cos’hanno in comune un expat e un polletto allo spiedo
Chi come me si è trasferito molto lontano dalla propria base affettiva, forse si riconoscerà in un certo tipo di lotta, che io chiamo affettuosamente la lotta del polletto.
A volte, ricevendo la notizia di un evento felice e speciale, la forza del pensiero si trova a dover combattere contro uno squadrone di tutte le grandi Forze della contingenza (di gravità, centripeta, vincolare, di inerzia, degli eventi) che tengono insieme i due emisferi. È un combattere invano, naturalmente.
Invano perché, malgrado gli sforzi mentali per svincolarsi dalla materia, si resta lo stesso inchiodati agli antipodi, anche quando altrove accadono cose importanti. Proprio come un inerme polletto allo spiedo, rimasto solo a girare e rigirare a testa in giù. Contro Necessità, Destino e distanze stellari, un misero polletto è destinato alla sconfitta.
Agli antipodi delle Buttes-Chaumont: Parigi-Australia
Ho iniziato a sentirmi un polletto appena trasferitami quaggiù in Australia. I primi giorni andavo in giro con due orologi, per far quadrare i tempi miei e delle persone che portavo nel cuore, portandomele anche al polso. Ogni tanto inclinavo anche la testa di novanta gradi, come un cane che cerca di capirci qualcosa, sperando di emanciparmi dal magnetismo terrestre all’incontrario; ma niente.
Un mattino, proprio mentre mi perdevo in calcoli temporal-trigonometrici, ho ricevuto da un caro amico una fotografia. Una bambina rossiccia, con la pelle nuova nuova, gli occhietti chiusi e le manine minuscole. Era arrivata. In risposta, di nascosto, mi sono fatta un pianto commosso, smodato, maledicendo gli scienziati che ancora giocherellano a colonizzare pianeti invece di sbrigarsi a inventare, più opportunamente, il teletrasporto intraterrestre in favore di noi polletti; finché le lacrime non mi sono arrivate alla punta del naso, restandosene lì a penzolare, sconsolate.
Quella era la prima manifestazione dell’effetto polletto, che mi sorprendeva lasciandomi a girare rovesciata insieme al mio spicchio di terra. La terra che, è bene ricordarlo, è un astro.
E gli astri, si sa, ogni tanto si allineano con cura, per offrire ai sentimenti grandiose occasioni di strabordare.
Eventi che non aspettano
Un’altra di queste occasioni – di emotività, di impotenza, mai di rassegnazione – mi aspetta al varco proprio oggi, in pompa magna, in diretta dalla città rosso fuoco dell’Amour fou, Parigi. Confesso che, all’idea, alcune lacrime precoci mi sono già scappate, allenandosi nello sport olimpico del salto dal naso.
Oggi, a Parigi, sulla terra, la terra che è un astro, due tra i miei più cari amici si sposano.
Una cerimonia piccola e intima, per la quale non hanno nemmeno pensato di coinvolgere persone che, per farsi coinvolgere, sarebbero dovute salire su voli intercontinentali.
E io lo so, lo so che la forza del pensiero è perdente in partenza, ma per quello che vale voglio usarla lo stesso. Perché anche dal mio remoto, solitario lato del crudele spiedo inclinato, in me si è risvegliato qualcosa che mi rende immensamente grata, persino felice. E come ormai sapete, “Parigi” e “felicità” sono termini che, per un bel po’, hanno evitato di farsi vedere insieme a braccetto in mia presenza. Non potrò essere lì, ma posso e voglio ricordare e immaginare.
La magia delle Buttes-Chaumont: Parigi che ama
Il matrimonio sarà al Municipio del XIX arrondissement, proprio di fronte alle Buttes-Chaumont. Le Buttes (letteralmente, le colline) sono un parco pubblico scolpito come una gemma luminosa, creato nell’epoca dell’onnipotenza haussmaniana ottocentesca con il preciso scopo di carpire un “ooooohhhh” di meraviglia ai visitatori. Se passate da Parigi, vi prego, fateci un salto, per il bene della vostra anima.
Quando abitavo anch’io lì vicino, ci andavo spesso. Indagavo sul segreto di quel Genius loci che impregnava del suo profumo le foglie gialle bagnate, e che era capace di parlare fino alle mie vene tingendone allegramente il rosso di sfumature bianche e blu. Alle Buttes, il mio sangue due volte tricolore si faceva tutto fiero, ed esclamava internamente “oh là là là là”, sempre un po’ indeciso se aderirvi del tutto o scimmiottarlo; forse, grato proprio per la libertà di quella doppia opzione.
Alle Buttes-Chaumont, Parigi, la terra è più che mai un astro. Mentre gli innamorati poco lontano suggellano la loro unione, lì si può essere meravigliosamente vivi in vari modi. Vivi, riconoscenti, persino felici. Io alle Buttes lo sono stata, anche se per poco, prima che cominciasse il Male.
Buttes-Chaumont: Parigi di vita e di ricordi
Alle Buttes-Chaumont si può bere vin brulé e gustare dolcetti ammiccanti. Leggere il buon vecchio Verlaine lamentarsi della propria linfa maledetta (dagli astri, toh). Piangere chiedendosi perché in francese sia tutto così nasale e ineluttabile. Rimirare le oche cignoidi mantenere la linea retta lungo lo stagno, tenaci e geometriche. Inerpicarsi su al tempietto della Sibilla e attraversare il ponte fiduciosi, rimirando il manto ondulato dei tetti che salgono fino a omaggiare il Sacré-Coeur all’orizzonte.
Alle Buttes si può canticchiare, ridere nervosamente, perdere il telefono, andarsene con i pugni in tasca e pensare con nostalgia a Rimbaud e ai suoi colori. Intravedere un alterco su un autobus, anzi non uno ma novantanove, come i diversi modi in cui uno stesso episodio può essere raccontato. Correre sotto al sole e nel vento gelido, nella buona e nella cattiva sorte. Stizzirsi contro i parigini che stanno tra i piedi, nonostante il passaggio dei runner a tutta velocità, prossimi all’impatto, inevitabile anche quello; e invidiarli, perché a noi occorre una vita per possedere ciò che a loro è già dato – il diritto di popolare quel meraviglioso luogo che sono le Buttes.
Le Buttes-Chaumont per me sono Parigi, e Parigi è essere vivi e immaginare e amare. E se i miei amici non avessero deciso di sposarsi, lì dove posso pensarli sorridere d’amore, non mi sarei mai ricordata di tutto questo, dei momenti felici spinti con la forza sotto al manto opprimente dei ricordi di morte. Invece, a sorpresa, un’immagine festante viene a togliere i sigilli a quella bellezza che avevo chiuso a chiave nel cassone della memoria. Ora zampilla fuori, pulsa e scintilla.
La bellezza pura delle Buttes-Chaumont
Alle Buttes-Chaumont, la bellezza si trova concentrata, stratificata, raggrumata, appesa alle stalattiti della grotta del parco e affacciata al belvedere; ed è lì per tutti, in tutti, anche in chi non lo sospetta. Nella passeggiata dei pensionati smemorati e nelle endorfine degli sportivi, nel signore elegante che scarta un avverbio ridondante, nei bambini mulatti con il triciclo sporco di fango e le dita nel gelato, nelle stagioni che litigano e cicatrizzano tutto, nelle ragazze testarde in monopattino, negli occhi fieri degli sposi e nei loro anelli splendenti, negli applausi degli amici presenti e nel cuore di quelli lontani. Nel legame che resiste agli anni, ai chilometri e all’inclinazione terrestre.
Vedo in sogno tutto questo mentre penso ai miei amici. Per me anche loro sono Parigi e, proprio come Parigi, sono speciali in tanti modi. Mi hanno sorretta quando ne avevo un disperato bisogno e non c’era nessun altro a farlo. Ogni momento passato insieme, mi hanno resa felice. E in qualunque parte di mondo ci incontriamo mi fanno sentire a casa. Grazie a loro oggi rimango pur sempre un polletto, sì, ma un polletto che sa di nuovo amare non solo le persone, ma anche i luoghi, senza più eccezioni.
Di qua o di là da Parigi, sulla terra, la terra che è un astro, io vi auguro tutto il bene e vi ringrazio, amici miei adorati.
Prévert ambientava la sua poesia in un altro parco cittadino; ma sono certa che anche lui avrebbe capito perché qui non vado troppo per il sottile.
Le Jardin
Jacques Prévert
Des milliers et des milliers d’années
Ne sauraient pas suffire
Pour dire
La petite seconde d’éternité
Où tu m’as embrassé
Où je t’ai embrassée
Un matin dans la lumière de l’hiver
Au parc Montsouris à Paris
À Paris
Sur la terre
La terre qui est un astre.
Ti è piaciuto questo post?
Segui Lucy the Wombat su Facebook!
Iscriviti qui sotto per ricevere i nuovi post via e-mail (il tuo indirizzo verrà utilizzato automaticamente solo per questo scopo).
Grazie e buona lettura! 🙂
Lascia un commento