Nell’odierno oceano degli exempla per il self-empowering rivolti all’uomo comune, si narra di un esperimento svoltosi in una scuola d’arte, di quelle dove si impara a sfornare manufatti. Gli studenti della classe di ceramica sono stati divisi per un paio di settimane in due gruppi, con lo scopo di valutare quale dei due alla fine, globalmente, avrebbe realizzato i pezzi migliori.
Al primo gruppo è stata data la consegna: create più oggetti possibile – conta il numero, quindi iniziate subito e fate, vogliamo vedere l’abbondanza. Questa invece la raccomandazione per il secondo gruppo: dovete foggiare ciascuno un unico pezzo, usando tutto il tempo che avete, e far sì che sia il più perfetto possibile. Mostrateci il vostro capolavoro inespresso, fate meglio di tutto quanto avete fatto finora.
Passate le due settimane, tutti i pezzi vengono esaminati. Risultato: vincono il podio le creazioni del primo gruppo, quello del molteplice. Quello che non ha passato tutto il tempo a pensare, ripensare, provare, esitare, correggere, cesellare, distruggere per rifare, perfezionare. Vince il gruppo che ha sfornato dal principio, perché la pratica costante e ripetuta, di per sé, ha portato a una maggior qualità rispetto all’investire tutti se stessi verso un fine ideale ma senza esercizio sufficiente.
Morale: non puntare alla perfezione, non lasciar perdere oggi perché senti che dopodomani potresti fare meglio, o che se fai non sarà abbastanza – fai e basta, qualcosa di buono verrà.
(Soprattutto se hai un blog dormiente).
(A meno che tu non soffra di disfunzione esecutiva, ma questa è un’altra storia).
(L’aneddoto non è da intendersi come minaccia di una nuova rubrica di perle di saggezza da un euro, promesso).
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