Dopo due anni e mezzo di blog, è tempo di rifare le presentazioni per bene, non trovate? E allora piacere, mi chiamo Giulia.
Un nome come un altro, scelto non da me – proprio come la mia nascita, su cui altrimenti avrei anche deciso diversamente -; solo che questo, tant’è, è il mio. Giulia come un calendario sfasato e in disuso, come un mese estivo insolitamente freddo (colpa della U), come qualcuno sacro a Giove Olimpo per meriti non definiti.
Questo nome mi accompagna in giro per il mondo, contribuisce a definirmi e, a seconda dei Paesi in cui mi trovo e delle loro lingue, mi attribuisce caratteristiche diverse, nel carattere e persino nell’aspetto.
Chiamarsi Giulia in Francia
In Francia sono Julià, con l’iniziale molle come in Jacques. Loro lo sanno bene che odio essere molle, oh se lo sanno, gliel’ho ripetuto mille volte! Eppure niente, sono francesi e lo sforzo non lo faranno mai. Al massimo divento Giulià un paio di volte, per pietà, per dare il contentino galante a cette jeune italienne, con l’espressione stravolta per la faticaccia dell’adattamento, dopodiché rispunta fuori Julià, tutta pimpante.
Julià, bontà sua, appare bella e scema. Disponibile ed esotica, perfetta da mettere dentro una teca con etichetta “Méditerranée Centrale” e osservarla con curiosità, sentendosi cosmopoliti. Julià ha un sacco di cose da raccontare e un’intelligenza da esprimere, ma ciò le viene concesso con riserva: la si ascolta con magnanimo interesse, occorre però che non dimentichi mai che quella venuta da fuori è lei.
Chiamarsi Giulia in Russia
In Russia sono Giùulia, ineluttabile come il potere e il destino. Siccome l’alfabeto cirillico non ha la lettera G dolce, i russi la compongono per me: fanno D+J (quella alla francese), ed ecco nuova di zecca una G. Una G appassionata, che trabocca di gratitudine. Джулия!
Djùulia è simpatica, sincera e suscita genuino interesse tra i russi. Loro la interpellano sugli argomenti più vari e a Djùulia questo piace, tranne quando il tono usato è un po’ troppo alto: allora Djùulia sente un brivido correrle su per la schiena, e per un attimo si vede già trascinata via di forza da due guardie in uniforme e internata nella Lubjanka, per qualche crimine commesso senza accorgersene. Per fortuna le passa subito e può tornare ad entusiasmarsi.
Giulia in Germania
In Germania sono sempre Giulia, ma, a sorpresa, in versione più dolce e aggraziata. Come una bambola antica di porcellana, che se la pronunci troppo forte si rompe. I tedeschi si aspettano sempre grandi cose da questa Giulia delicata, in frasi che lei non capisce mai fino in fondo: a volte preferirebbe piuttosto non avere alcun nome e restarsene tranquilla in silenzio, ad ascoltare gli altri. Peccato che in Germania Giulia ci vorrebbe vivere, perciò le tocca scendere a patti e incollare i suoi cocci a fine giornata.
Giulia in Australia
Qui in Australia sono ovviamente Julia, anzi Ju-li-ia, tutta masticata e leggermente ritardata, per passare meglio inosservata tra la gente locale. A forza di vivere quaggiù, mi presento mestamente in quanto tale, in inglese australiano, altrimenti non mi capiscono.
Al telefono: “Hi! My name is Ju-li-ia” – e subito il mio QI precipita di dieci punti con una piroetta e i miei neuroni si autodistruggono per lo sconforto, scoppiettando di un’ultima scarica come popcorn per poi bruciarsi per sempre.
Chiamarsi Giulia in Italia
Man mano che da bambina degli anni Ottanta diventavo grande, questo nome mi si diffondeva intorno a macchia d’olio, cosa che ho sempre guardato all’inizio con sospetto e poi con costernazione. Ma almeno in Italia mi si pronuncia come si deve.
Questa Giulia all’italiana è anticonformista, riservata, puntigliosa; e ha dentro un mondo che a volte non ci sta tutto insieme compresso dentro al corpo, perciò fuoriesce qui sul blog.
Alcuni temerari, sprezzanti delle comuni norme fonatorie, la chiamano Giuglia. A costoro, Giulia augura silenziosamente che l’indomani si sveglino con la bocca cucita da ago e filo, e che non possano mai più fiatare nemmeno per invocare la grazia di Giove o quella di un logopedista.
Chiamarsi Giulia scrivendo
Con chi non è italiano, il mio nome può diventare di tutto, tanto che per iscritto ne ho fatto uno strumento istantaneo per valutare e scremare le persone. Sei lettere, semplici semplici. Le riporti correttamente? Possiamo comunicare alla pari e collaborare. Digiti invece Gulia, Guilia, Guala, Gullia, Giula, Giulianna… ?
(Sareste sconcertati se vi dicessi la percentuale di errore che mi è dato leggere nelle sue infinite, creative varianti, persino quando la forma corretta sta a una riga di distanza). Se scrivi così sei più inutile di un trombolite; non appena potrò ti saboterò, facendo sì che tu non te ne accorga mai.
Eppure a pensarci bene sono felice di come ogni luogo mi abbia rivelato qualcosa in più di me.
Lo sono altrettanto per aver scritto come mi chiamo. Io, Giulia, con una sindrome dell’impostrice grossa così, forse un giorno oserò prendermi interamente la paternità di quel che scrivo. Forse.
Conoscete qualche Giulia? Questo post è anche per loro, per solidarietà fateglielo leggere!
Anche il vostro nome funziona diversamente in base a dove andate e alle lingue usate? Raccontatemelo!
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Grazie e buona lettura! 🙂
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