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Maria Island, Tasmania, oltre che essere una splendida isola, risponde soprattutto a una domanda: dove vedere la più alta concentrazione di vombati in tutta l’Australia?
Dove si trova Maria Island: Tasmania al limite!
Come tutti i regni utopici, anche Maria Island è un’isola lontana, al limite della fine del mondo. Sembra esistere in un sogno, o in una fantasticheria; invece è fieramente vera.
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Come ci si arriva: prendendo un aereo per l’Australia, da lì un altro per la Tasmania, per poi imbarcarsi dal piccolo paesino tasmano di Triabunna e solcare altri quattro chilometri di mare. Una passeggiata, eh? Facciamo quindi che ve lo racconto io.
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Per cosa è famosa Maria Island? Per i suoi paesaggi indomiti e poco battuti, la sua libertà profumata di fogliame aromatico e di salsedine, e le sue innumerevoli bestie selvatiche che accolgono gli ospiti con la tranquillità e la regalità dei nobili castellani di una volta. Sono soprattutto vombati. Dappertutto, a bizzeffe. Sovrani indiscussi. Potevo non andarci?
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In traghetto verso l’isola
Già a Triabunna si percepisce una strana vibrazione nell’aria. Gli abitanti si contano in poche tenaci decine: giusto qualche casetta, l’immancabile centro informazioni, qualche spartana ma accogliente struttura ricettiva e una locanda di fronte al porticciolo, che ogni sera serve i soliti fritti da pub agli intrepidi viaggiatori giunti fin lì pieni di aspettative.
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Al mattino, i visitatori si riconoscono subito, da prima che convergano al traghetto: giacche sgargianti in tessuto tecnico, ambiziose macchine fotografiche e sorriso speranzoso. È la loro trepidazione a produrre quella strana vibrazione nell’aria, fatta di domande come: “Ci sono davvero tanti wombat liberi in natura? Ne vedrò almeno uno? Come trovarlo?”
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Lucy invece non l’avevo mai vista così tranquilla: ma era solo il fuoco sotto la cenere, perché appena messo piede sull’isola è schizzata via velocissima, per ripresentarsi nel pomeriggio giusto in tempo per non perdere la traversata di ritorno. Gongolava, appagata, e si è addormentata di sasso. Ho preferito non chiederle nulla.
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L’arrivo e l’esplorazione
I miei timori di restare senza avvistamenti animali erano davvero infondati. Solo nel breve tratto di sentiero fra l’attracco e il capanno per il noleggio gratuito delle mountain bike con cui visitare l’isola, lunga in tutto venti chilometri e ovviamente dichiarata Parco Nazionale, sono comparsi quattro o cinque vombati (oltre a un paio di wallaby e a tantissimi uccelli). Davvero liberi, in pieno giorno! Per nulla intimiditi, perché sull’isola non circolano auto.
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Non ci sono praticamente forme di vita umane al di là della minuscola area inurbata (con un punto informazioni storico-naturalistiche, un piccolo ostello da dodici posti letto senza corrente elettrica e alcuni edifici d’epoca, visitabili). Così, a queste fortunate creature non è dato conoscere il timore per l’uomo.
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Gli speciali vombati di Maria Island, Tasmania
Pedaliamo lungo i sentieri sterrati, ma a ogni angolo siamo costretti a smontare e scattare foto a quel panorama così insolito: vombati che brucano sul prato sotto il sole, con il mare sullo sfondo! Sono commossa.
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Alcuni di loro sono semplicemente indifferenti a noi che ci avviciniamo timidamente; adottano l’unica accortezza di mantenere sempre il didietro rivolto a chi li osserva. Legittima precauzione, visto che le loro terga sono ricoperte di cartilagine dura e fungono da scudo contro i nemici.
Altri, più impavidi, si avvicinano incuriositi alle bici, annusano le gomme e ripartono. Seguo le raccomandazioni di non cercare di toccarli: sono pur sempre selvatici, e tali devono rimanere.
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I vombati di Maria Island sono leggermente diversi da quelli del resto della Tasmania: hanno il pelo più lungo, più chiaro, in confronto agli altri sembrano seguire la moda anni ’80 con mèches e cotonatura. Probabilmente sono fan dei vecchi film di James Cameron e dei thriller con Clint Eastwood.
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Diavoli!
La notte, sull’isola, oltre agli eventuali turisti pernottanti, rimane solo qualche ranger di turno. Sorvegliano in particolare i diavoli della Tasmania, una colonia introdotta nel 2005 e composta da esemplari perfettamente sani. Di modo che, visto che i diavoletti nel resto della Tasmania si ammalano sempre più spesso (già raccontavo del tumore dei diavoli della Tasmania), alla bisogna sarà possibile ripescare da qui esemplari non malati e farli aiutare ad aiutarsi, cioè a ripopolare. Le bestiole sono davvero notturne, perciò si guardano bene dal farsi vedere in giro. Ma a me va bene anche solo sapere che ci sono, dietro la collina, in qualche tana segreta.
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
Tante sono in realtà le specie introdotte sull’isola a scopo di tutela (pannelli informativi affiggono la lunga lista completa), per un effetto arca di Noè. E la definizione di Sanctuary abbraccia anche tutta l’area marina circostante. Meglio di così!
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E la Storia?
Oltre alle bestie, Maria Island è speciale anche per un altro aspetto: il suo passato. Scoperta nel Seicento dai primi esploratori europei insieme al resto della Tasmania, dal 1825 fu sede di una colonia penale, poi trasformata in struttura riabilitativa dei detenuti – o se volete, un riformatorio per adulti. Gli edifici di cui dicevo prima sono proprio quelli, conservati così bene da far parte dei luoghi australiani World Heritage: l’ostello non è altro che l’ex penitenziario! A fine Ottocento poi, grazie a un abile imprenditore italiano che affittò tutto il territorio e decise di far le cose in grande stile, l’isola arrivò a ospitare seicento persone, e prosperò tra agricoltura, allevamento, fabbricazione di cemento e produzione di seta.
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Oggi Maria Island è un luogo di conservazione e di un turismo sobrio e rispettoso, per questo ancora più prezioso.
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A volte, nelle giornate uggiose, guardo Lucy sonnecchiare pigramente sotto al tavolo: non ho bisogno di chiederle a cosa stia pensando, per sapere che sogna di essere ancora lì.
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Il sito ufficiale per organizzare una visita a Maria Island è qui.
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