“Come è morto Steve Irwin“? Probabilmente l’avete chiesto a Google e siete arrivati qui. Per chi invece non conoscesse affatto il personaggio, parliamo del mito Aussie che tutti hanno sognato almeno una volta di incarnare o di incontrare. Perché divulgare is the new sexy!
[Articolo aggiornato il 04/07/2021]
Premessa: perché un divulgatore tanto amato
Che la conoscenza sia “the new sexy” non è nemmeno vero: la conoscenza è sexy da sempre. E il grande Steve non è nemmeno più tra noi. Allora di che parliamo?
Parliamo del fatto che esistono persone speciali, che non raccontano storie o avventure per esibizionismo o per denaro, ma per passione e urgenza di condividere. Perché quando la bellezza che si incontra in giro è troppa, è difficile tenersela tutta per sé.
Queste persone si riconoscono subito per l’alone di carisma ed energia che le accompagna, e in Australia Steve Irwin era probabilmente LA persona; o forse lo è ancora, ben oltre il giorno della sua tragica morte che ha scosso il mondo nel 2006.
Confesso che prima di venire a vivere down under, shame on me!, non conoscevo Steve – per colpa dell’uovo di Pasqua dentro al quale avevo l’abitudine di soggiornare soprattutto in gioventù. Sicché ora mi sembra il minimo riparare con un post dedicato a questa legend (nel diffuso senso locale, cioè di qualcuno molto bravo e molto figo). Un mito, un’icona percepita come un simbolo dei migliori valori australiani.
Steve Irwin, chi era
Prima di raccontare come è morto Steve Irwin, parliamo un momento di come è vissuto.
Steve era un bloke (“tipo”), un mate (“amico”), un Aussie con la passione per le bestie, tutte quante. Cresciuto in un parco faunistico specializzato in rettili mandato avanti dai genitori – bella, eh, la relatività del normale -, Steve viene su come un tipico ragazzone tropicale del Queensland. Un biondone dalla pettinatura improbabile, pieno di sole e di vitamine.
Come regalo per i suoi sei anni, riceve un pitone di quattro metri; una volta cresciuto è così bravo a maneggiare le belve feroci che diversi enti lo chiamano in aiuto per sciocchezzuole quali catturare i coccodrilli e consimili. Sottinteso: per nobili scopi, ossia lo studio e la conservazione delle specie rare e a rischio, e la loro ricollocazione. Win-win: Steve, in cambio, ottiene di tenersi alcuni rettili per il suo parco.
Fondazione di un mito
Steve Irwin trasforma il Reptile and Fauna Park dei genitori nell’Australia Zoo (oggi il parco con programmi di conservazione animale più grande al mondo, a un’oretta da Brisbane), e ci prende gusto: inizia a realizzare documentari, programmi tv, ospitate a tema, tutte con lo scopo di diffondere l’amore e la conoscenza per la wildlife, la fauna selvatica. Con il bisogno impellente di farne capire l’importanza nel mondo, e la necessità di lasciarle spazio, di non danneggiarla, di meravigliarsene e di saperci convivere.
Da uno a quattro Irwin
Un bel giorno, all’Australia Zoo compare Terri, naturalista americana in vacanza down under, che non appena vede Steve animare lo show del pasto dei coccodrilli capisce che quell’uomo è l’altra metà della mela. Lo avvicina, gli parla, lo conosce, torna in patria, lui va a trovarla, tornano insieme in Australia, si sposano, tutto molto naturalmente e velocemente.
La luna di miele la passano a catturare coccodrilli (avete fatto così anche voi, no?) e dalle loro riprese video si origina la prima puntata di The Crocodile Hunter, docu-serie tv che fa il giro del mondo. Ne lascio un estratto alla fine, per chi volesse sentire un fantastico accento Aussie!
Nascono Bindi e Bob; la famiglia al completo sarà semplicemente The Irwins, nella loro divisa da esploratori color kaki che, per dirla con parole loro, non è un colore, è un’attitudine.
Bindi è una ragazzina vivacissima con un programma tv tutto suo, Bindi the Jungle Girl; oggi è sposata con un collega dell’Australia Zoo e ha da poco avuto una bellissima bambina.
Bob si prepara a diventare lo stupefacente fotografo di wildlife che è oggi, a soli 18 anni.
Steve scopre una nuova specie di tartaruga; acquista enormi lotti di terra per proteggerli dalla deforestazione; il suo faccione diventa testimonial di una locomotiva del Ghan, il mitico treno che attraversa l’Australia; Steve e Terri diventano Wildlife Warriors, dal nome della nuova organizzazione pro-territorio da loro fondata. E via così, un’avventura dietro l’altra.
Qui il piccolo Bob ci presenta un wombat in due minuti, e sono entrambi irresistibili:
Steve Irwin e un metodo speciale
Qualcuno ogni tanto prova a sostenere che la natura andrebbe solo osservata, non interpellata con così tanta esuberanza; altri accusano Steve di essere molesto nei confronti degli animali a cui si avvicina filmando, e irresponsabile nel nutrire un coccodrillone davanti al pubblico con in braccio il piccolo Bob di un anno (ricordate Michael Jackson che espone il figlio fuori dal balcone per i giornalisti? Ecco, qualcosa di simile). Ma Steve sembra sapere perfettamente quello che fa. E poi basta guardarlo per fidarsi.
Dietro all’entusiasmo, per alcuni forse eccessivo a tratti, di Steve Irwin si cela una convinzione ben precisa: che l’educazione e la diffusione passino per le emozioni. La gente ha bisogno di sentirsi excited per farsi coinvolgere maggiormente nei progetti a supporto di natura e animali, per voler partecipare. Steve regala esattamente questo excitement, gioia e adrenalina. Lo si ama o lo si odia, e quasi nessuno lo odia.
L’Australia e il mondo osservano gli Irwin crescere attraverso la tv, le attività dello Zoo, le campagne di sensibilizzazione e divulgazione. Sono cool, tutto il loro mondo lo è. Ma non può durare per sempre.
Come è morto Steve Irwin
Il brutto giorno arriva, è il 2006.
Il documentario subaqueo sulle creature acquatiche più pericolose, che Steve e la sua troupe stanno girando nei mari della Grande Barriera Corallina, porta un nomen omen: Ocean’s Deadliest. Vuole mostrare come nessun animale sia davvero da temere, ma tutti si possano ammirare con feeling e rispetto. Però qualcosa va storto.
Steve non si accorge di una razza gigante che quel giorno rimugina particolarmente acida sul fondale marino, mimetizzata nella sabbia, e le passa troppo vicino. Il pesce scatta per difesa istintiva, e con la coda gli arpiona il petto. Steve di riflesso si strappa via l’aculeo dal cuore con le mani, ma non c’è niente da fare, o forse addirittura peggiora le cose: muore dissanguato, nonostante le manovre di rianimazione.
E quel che è peggio è che l’incidente viene filmato, ed è l’unica morte inflitta da una razza mai ripresa in video.
Nei giorni seguenti, sulle spiagge del Queensland vengono rinvenute almeno una decina di razze giganti con la coda mozzata. Non certo quello che Steve avrebbe voluto.
Squali
Tanta è la curiosità morbosa collettiva sul video, che alla fine Terri fa la scelta più giusta: lo distrugge. (Quelli erano bei tempi, per così dire. Penso a quella madre di una vittima della sparatoria di Orlando che ha messo su internet gli ultimi messaggi terrorizzati del figlio. O a certe foto che non dovrebbero mai essere diffuse. Comunque).
Il Governo offre funerali di Stato, che la famiglia rifiuta gentilmente sottolineando che Steve, 44 anni, era uno normale.
Dopo Steve
Rimangono la moglie e i due figli piccoli a crescere nel suo ricordo mitico e a coltivarlo, portando avanti la loro vita e le loro iniziative in favore della wildlife. Sono molto cool anche oggi, ma l’assenza di Steve pesa su tutti. In un anno di vita quaggiù, non ho mai visto tanta unanimità come nell’amore per la memoria di quest’uomo. Il quale, dal 2018, ha anche una stella tutta sua sulla Hollywood Walk of Fame.
In fondo, come è morto Steve Irwin? Facendo quello che più amava, e non certo solo per sé.
Concludendo. Divulgatori del cuore
Spesso mi viene da paragonare Steve Irwin al “nostro” Alberto Angela, per quanto il secondo non ami circondarsi di coccodrilli e pitoni.
Perché questo accostamento? Perché la conoscenza è di tutti, e oggi che è più accessibile che mai, troppo spesso ce ne dimentichiamo. Ed è bello sapere che, da una parte come dall’altra del mondo, c’è chi per ricordarcelo si assume dei rischi, chi si spinge in profondità sconosciute per regalarci un po’ di preziosità e stupore*. Ed è in grado di avvincere tutta una nazione. ❤
*Sì, anche Alberto Angela: durante una trasferta in Africa gli hanno sparato addosso e lo hanno rapito. E ancora fa quello che fa. Idolo. 😉
Vi lascio con il saluto-esclamazione tipico di Steve Irwin: “Crikey!”
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Grazie e buona lettura! 🙂
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