Non solo la vita: anche il terrorismo miete le sue false vittime
Le chiamavamo Apérothérapies. Ci si incontrava tra sopravvissuti (e si beveva, tanto, come anestetico) per capire non solo col corpo, ma anche con la mente, capire davvero, se mai possibile, quello che era successo. A Parigi ci si conosceva anche così, tra un attacco di panico e una pastiglia da mandare giù al mattino.
Uno
Ora immaginatevi questo tizio in maglietta bianca, con due occhiaie lunghe così, neanche trent’anni, che piange, piange e si fa intervistare da tutti i telegiornali, facendosi immortalare in bianco e nero mentre accende lumini. Era al Bataclan Café, vicino all’ingresso della sala. Dice: li ho visti entrare e sparare; nel casino generale, sono scappato e mi sono rifugiato giusto in tempo per assistere a una donna incinta che andava giù come una pera, sotto il peso di pallottole prese al posto mio. Gli diamo tutti insieme un mesto benvenuto e lo accogliamo tra i casi umani. Diventiamo amici. Quante sere passate a chattare, a uscire insieme. Eccolo.
Due
Poi c’è questa ragazza. Si presenta in stampelle. Il problema delle pallottole sono le schegge, ci spiega, perché quelle, a rimuoverle tutte, auguri. Ma noi questo già lo sappiamo bene, perché non è mica la prima di noi che ancora combatte con le schegge, che vanno estratte una ad una e non sempre è fattibile, a volte meglio che restino lì dove sono. Nel giro di un anno si spara dodici operazioni chirurgiche al piede. Noi la invitiamo ovunque, le diamo passaggi, cerchiamo di farla star su in tutti i sensi. Ci agghiacciamo insieme nel sentir venire fuori i primi casi di vittime per finta.
Tre
E poi c’è questa signora dai capelli strani e l’aria combattiva. Il suo più caro amico si è beccato una pallottola, dice, e lei per cercare di dare un senso al tutto si lancia nell’associazione di vittime. Collabora così a lungo e così bene che dall’alto iniziano pure a retribuirla. È da lei che passiamo per le tante faccende burocratiche di cui faremmo volentieri a meno.
Per voi non c’è suspence perché ve l’ho anticipato nel titolo, ma pensate un po’ a com’è una cosa del genere quando non te l’aspetti. C’è della grandeur, della magnificenza.
Gianni Rodari, il Maestro, la metterebbe giù così:
Primo finale
Il ragazzo non è mai stato al Bataclan Café in vita sua. Sta guidando in provincia, sente le news alla radio, fa inversione ed accorre per vedere di persona. Già che c’è, si inventa una tragedia personale.
Secondo finale
La ragazza delle stampelle, sotto all’involucro di gesso e di bugie, non ha niente di niente. Il suo piede è sano. All’ospedale da cui si registrava su Facebook non hanno idea né del suo nome né di un tale profilo. Sparisce nel nulla.
Terzo finale
La signora si serve per mesi di tutti i nostri dati personali, documenti e pratiche che ha in gestione, per imbastire un dossier verosimile ma falso da sottoporre all’ente che indennizza le vittime di terrorismo; e prende tanti quattrini. Nel frattempo diventa pure amica di tutti. L’amico ferito è immaginario, il suo profilo Facebook è finto, eppure ciò non toglie che in troppi discutano comunque con “lui” via chat.
Non dovete scegliere il finale, sono validi tutti e tre. La giustizia è lenta ma prima o poi ci arriva anche lei. Però se volete potete comunque votare il vostro fake freak preferito.
A me, quello che mi rode di più, è che alla sciura francese per Natale le ho pure regalato un panettone.
EDIT: a questa amena storiella posso aggiungere un’ancor più amena parola: prigione.
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