Che chi s’assomiglia si piglia sarà vero per la cozza e lo scoglio, ma non è certo il motto che ha acceso in me la scintilla di passione per il nuovo, stupendo Museo dello Spionaggio (Berlino). (Che non mi paga per scriverne, giuro).
La mia attrazione per storia e tecniche di quest’arte si basa piuttosto sul contrasto. Io e gli spericolati espedienti per spiare e mimetizzarsi siamo infatti opposti come i poli di una pila Duracell! Subisco il fascino dell’ineffabile, di un mondo che non mi apparterrà mai.
Perciò, prima di raccontarvi della visita al museo dello Spionaggio di Berlino e di tutte le incredibili cose che vi si imparano, farò una premessa personale.
Perché non potrei mai diventare una brava spia/agente segreto
Già, perché? Cosa mi manca?
Infallibilità. Una volta ho telefonato alla mia amica Anna, e ci ho chiacchierato per venticinque minuti convinta di parlare con un’altra Anna della mia rubrica. Né io né lei ci siamo accorte dell’errore fino al sopraggiungere del senno di poi. (Ovviamente l’una e l’altra Anna da tempo non fanno più parte dei miei contatti, dovevo sospettarlo).
Destrezza. Un’altra volta, per evitare di incontrare qualcuno, ho pensato bene di andare a chiudermi in bagno finché questo qualcuno non se ne fosse andato. Eravamo in uno spazio pubblico, ed è finita che la gente ha iniziato a credere che una persona (io) si fosse sentita male nella toilette. Da lì dentro ho cercato di contattare la reception perché dissipasse il capannello che stazionava lì fuori, ma non sono mai riuscita a prendere la linea.
Oltre a lucidità e improvvisazione, alla brava spia occorrono anche memoria e costanza. Sono anni che nutro il piano grandioso di crearmi un’agenda delle palle, così da poter verificare indietro nel tempo quale fandonia ho raccontato, a chi, e perché, nel caso avessi bisogno di difendermi da qualche accollo pluritentacolare. Eppure di una tale agenda, a casa mia, ancora nemmeno l’ombra. Oltre a servirmi di fantomatiche scuse occasionali per togliermi d’impiccio, sono anche irrimediabilmente pigra.
No, decisamente non sarei una valida spia.
Come diventare una spia di successo
A edurre le persone come me ci pensa per fortuna il Deutsches Spionagemuseum Berlin, il Museo dello Spionaggio Tedesco (per quanto all’interno si parli di Germania ma anche del resto del mondo), con alcuni metodi imprescindibili e persino trucchi acquistabili a fine visita. Come la barba di emergenza o il rotolo di soldi finti da gettare nel camino, per simulare una personalità danarosa e incurante.
A seconda della vostra area di spionaggio preferita, potrete ferrarvi su: spie leggendarie, sicurezza interna, spionaggio estero, industriale, militare e topografico, crittografia, intrighi e manipolazioni. Ci si può persino allenare a superare il temutissimo labirinto di laser, come già faceva Catherine Zeta-Jones in Entrapment e di sicuro altri divi in film più recenti e meno improbabili.
Museo dello Spionaggio, Berlino: spionaggio classico
Lo spionaggio (relativamente) d’antan sarà apprezzato come un divertente giocattolone soprattutto da quegli animi fiduciosi del fatto che la storia non si ripeta, mutatis mutandis, e dai nostalgici dell’ispettore Gadget.
Scopriamo che microspie e microcamere si infilano in ombrelli, innaffiatoi, cancelleria, chiodi nel muro, scacchiere, e persino nel reggiseno. Che mappe e codici segreti si celano in una carta da gioco, in una noce o in una moneta. Che un orologio o un paio di scarpe possono raccogliere una confessione criminale. Mentre una pipa si può fumare, ma può anche salvarci la vita sparando proiettili (ma è più probabile che si uccida qualcun altro anziché proteggere se stessi, caro il mio Trump!). Sigarette e bastone da passeggio, invece, alla bisogna emanano gas letali.
Museo dello Spionaggio, Berlino: spionaggio liquido
Nel Museo abbiamo poi le nozioni che oggi è opportuno conoscere onde evitare di finire in brutte avventure, e che spesso hanno a che vedere con il controllo e con i dati personali digitali.
Qui si ricordano quei soldati che fecero scoprire ai nemici la location segreta dei loro allenamenti grazie ai braccialetti fitness tracker; e anche chi, grazie allo stesso dispositivo, si è fatto svuotare il conto in banca perché l’hacker ha evinto persino i movimenti della sua mano nel digitare PIN e password. Follia? Mica tanto. (Nota filologica: “si è fatto svuotare il conto” fa molto “era in minigonna, se l’è cercata”… la prossima volta riformulo).
Matrix dunque ci sorveglia, e si serve di tutto quello di cui ci serviamo noi: elettrodomestici e domotica Bluetooth, giochi per bambini e pure giochi per adulti altrettanto Bluetooth. Infatti, se un malintenzionato riesce a intrufolarsi nei sensori delle utilities domestiche, non si vede perché non possa e non voglia farlo quando si tratta di un oggettino per l’intrattenimento sessuale che funziona con la stessa tecnologia. Soprattutto se la vittima si trova al piano terra e l’hacker passa per la strada proprio in quel momento, in cerca di qualcuno da ricattare. Cambiare sempre le password preimpostate, amici!
Museo dello Spionaggio, Berlino: spionaggio animale
Ma la mia sezione preferita del Museo (mia e di Lucy, che mi ha convinta a scrivere questo post) è naturalmente quella dedicata alle bestie-spie. Potevano mancare?
Anche in questo campo, gli animali si rivelano stupefacenti come non mai (e da noi sempre più immeritati).
Troviamo delfini con tanto di videocamera sulla pinna per rimuovere mine nel Golfo Persico, visto che il loro sonar subacqueo sarà sempre più accurato di qualunque congegno umano. E ancora delfini, leoni marini e persino balene addestrati dalla marina americana a recuperare bombe nucleari dal fondale marino, durante la Guerra del Vietnam e la Guerra Fredda…
Facciamo conoscenza di Acoustic Kitty, il gattino sul quale la CIA negli anni Sessanta aveva investito una fortuna dotandolo di cimici incorporate. Con queste avrebbe dovuto seguire le persone per carpirne informazioni. Invece la povera bestiola fu investita da un’auto alla missione d’esordio… No comment!
Si parla anche di cani capaci di fiutare migliaia di tipi diversi di esplosivi, di pesci robotici (gli intrusi!) impiegati per l’interazione con i veicoli sottomarini, e di scarafaggi-spioni controllati tramite impulsi elettrici.
E le api! Questi insetti dall’apprendimento veloce e dall’olfatto finissimo, in due-tre ore possono essere addestrate a “fiutare” bombe nascoste. Così proteggono le missioni dei soldati (dell’addestramento si occupa attualmente un laboratorio di controspionaggio del New Mexico).
Non dimentichiamo i piccioni viaggiatori. Non solo messaggi: durante la prima guerra mondiale i pennuti venivano fatti volare sulle zone nemiche di guerra con delle micro-macchine fotografiche attivabili a tempo, per mappare i territori. Durante la seconda, li si lanciava con un paracadute su misura, perché arrivassero più lontano con la loro comunicazione.
Per chi non può esimersi dalle fantasie di sabotaggio: forse è qui, dove la bestia ignara è costretta a incontrare la sedicente civiltà, che sarebbe bello che i sogni potessero avverarsi.
La lampante morale esopica del Museo dello Spionaggio e le tre leggi delle spie
Da questa sorta di favola distopica, unitamente a un’esistenza quotidiana sempre più digitale, possiamo ricavare una morale una e trina, solo superficialmente scorrelata a quanto detto, altresì nota come le tre leggi dello spionaggio:
- Fatevi i fatti vostri.
- Se qualcuno potrà spiarvi, lo farà.
- Se proprio dovete spiare, almeno non fatevi riconoscere.
(Tratto da una storia vera)
[Ultimo aggiornamento: 25/07/20]
La pagina Facebook del museo, con tutte le informazioni: qui 🕶
La pagina Facebook di Lucy the Wombat: qui 🐨
Lascia un commento