Ci sono giorni in cui qui in Australia, da dove scrivo, non succede niente (a parte il disboscamento intensivo, che è costante); e intanto, agli antipodi, in Italia succede di tutto. Da qualunque lato la si guardi, per la mente è comunque troppo. E allora come sfangarla fino all’indomani?
Mi viene in soccorso Aplysia Californica.
Cos’è Aplysia Californica? O chi è?
Aplysia è il mio pensiero felice. Uno dei tanti, ma nei giorni così così è a lei che penso particolarmente. No, non è australiana, e nemmeno italiana; i pensieri felici non hanno nazionalità. Per chi proprio si chiedesse da dove venga, comunque, il suo nome completo è Aplysia Californica: non abbastanza per immaginarcela con un costumino rosso alla Baywatch, vediamo perché.
Pesa sui tre chili, come noi quando veniamo al mondo.
Ma Aplysia non è né come noi né come altri: lei a tre chili è già un’adulta responsabile, con una sua testolina che assimila cose. Apprende così bene che, insieme a Drosofila, l’attento moscerino della frutta, è l’inconsapevole star di studi ed esperimenti sul sistema nervoso.
Ma insomma, che bestia è Aplysia Californica?
Aplysia è una lumaca di mare. Ed è una lumaca capace e meritevole, sebbene dentro di sé si senta sempre inadeguata.
Aplysia ha solo ventimila neuroni, osservabili molto più facilmente dei nostri (alcuni proprio a occhio nudo); il che ha potuto insegnare a noi un sacco di cose, mentre il nostro mollusco imparava a stare al mondo – un mondo dove tanti governi se ne uscivano con “no, la ricerca non è così necessaria, tagliamo i fondi”.
È andata che gli scienziati si sono portati Aplysia in laboratorio, le hanno offerto uno spuntino e hanno incominciato a osservarla, per vedere cosa faceva, e scoprire se poteva dirci qualcosa di più su noi umani.
Lo studio su memoria e apprendimento
E così Aplysia, ignara del perché e del per come, ci ha mostrato in diretta come avviene l’apprendimento.
Veniva stimolata, e in risposta faceva cose. Detto così non è che suoni come questa gran scoperta, ma Aplysia ha reso evidente proprio il luogo fisico dove questo avviene, nel dettaglio delle cellule, come per i bit di un computer.
Gli stimoli che riceveva spesso non erano propriamente gradevoli: piccole scariche elettriche alla coda, per vedere se la sua reazione di fastidio rimaneva immutata nel tempo oppure variava a seconda della frequenza degli stimoli. In certi casi, almeno, Aplysia veniva premiata – magra consolazione, già.
Grazie alla docilità e alla sopportazione di Aplysia, abbiamo scoperto che si impara non tanto a furia di appuntarsi le cose sui Post-it, ma soprattutto quando si fa esperienza di una certa cosa. Aplysia ha compreso rapidamente che la scarica elettrica non era cosa buona, perciò quando ne veniva colpita sviluppava una membrana protettiva intorno alla sua branchia (ne ha una sola), come mossa di difesa. In base alla periodicità degli stimoli fastidiosi, Aplysia imparava come gestirli: rispetto ad alcuni si sensibilizzava, ad altri invece si abituava. In qualunque caso, sapeva sempre cos’era meglio per lei.
Questo suo apprendimento era visibile: perché mentre Aplysia imparava – e qui sta il punto centrale – le sue connessioni tra i neuroni aumentavano di numero. La sua memoria creava nuovi nessi, nuove sinapsi. Il suo cervello si modificava, evolvendo – la famosa plasticità cerebrale. Tutto questo grazie alla capacità mentale di ricordare le esperienze man mano che si ripetevano, di inscriverle nella propria storia personale.
Era sempre più chiaro, dunque, e valeva per noi come per Aplysia, che siamo quel che siamo in virtù di ciò che impariamo e che ricordiamo. Osservazione e memoria. E Aplysia, zitta zitta, era una fantastica testimonial.
Conclusioni
Adesso, dal nostro laboratorio di Aplysia, spostiamoci un momento in Italia, sempre all’oggi.
Torniamo agli umani (in particolare quelli con il passaporto italiano nel sogno di quello californiano e di un costumino alla Baywatch), e al loro contesto sociopolitico, che è frutto di osservazione e memoria di ciascuno. Che è un prodotto di valutazione delle circostanze, presenti e passate, di voto responsabile, di errori potenzialmente distruttivi. Di lezioni ricavate dalla Storia.
E adesso domandiamoci: chi è più intelligente? Gli italiani o Aplysia?
DISCLAIMER per l’eventuale scienziato che per errore capitasse qui: nella vita ho fatto Humanities.
Vari approfondimenti sulla meravigliosa Aplysia Californica sono qui.
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Grazie e buona lettura! 🙂
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