Un gennaio di AusOpen. Arsura, Assenza, Attesa
L’incontro di gennaio è il più duro. Incito le mie braci, mi silenzio, chiamo le forze a raccolta e attendo.
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Riscaldamento.
Ready? Play.
Melbourne galvanizza i sensi, accoglie, ospita. Celebra il tennis mondiale, compete ed eccelle. Il tetto dell’Arena si scoperchia. Ansante, dice sì alla sfida dei raggi UV indiavolati; assorbe, recupera, conduce. Incendio controllato, corolla di fuoco schiusa alla luce del sole.
Giorno quindici di ventisei, io contro me. Ore: più dieci di fuso, meno dieci di insonnia. Trentotto gradi, poi quarantadue.
Deuce. Pari.
Due stanze e due letti da due, ma solo io. The floor is lava. Il corpo pure. Skype. “Dormi?” Quandomai. Mi manda foto di conferenze, di città innevate. Dentro al telefono si sciolgono. Nella mente, un vento caldo che preme.
Melbourne Park si infiamma, io brucio energia sotto casa. Corri, tira, sfianca, dimentica, pedala, espia, recupera, traspira, sciacqua, refresh, endorfine sul dolore, tregua. Solo da esausta torno lucida.
Medical time-out.
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Palleggi incandescenti. Novak contro il francese; il vincitore contro Nadal. Sudore. Advantage. Poi tutto da rifare, in campo non si sa mai. Io contro la paura di riuscire – in diretta su Channel 9, senza interruzioni. Cercasi sponsor.
Quaggiù in estate siamo io e il tennis, ognuno con la propria gara. Stessa solitudine tra mille. Stesso tempo dilatato, moviola, nessuna fretta. Challenge contati, da ponderare. Rispetto e rigore. Speranza, precisione, resistenza. Millimetri e rinvii. E sempre il mentale che decide tutto.
Il tennis in estate nobilita Melbourne e non nobilita me, almeno finché non gioco anch’io la mia partita.
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Break point. Spin. Applausi.
L’Australia brucia. Bushfires. Dov’è questo riscaldamento globale, signor Trump? In Australia. La terra arde, pretende ossigeno e lo manda a fuoco. Evacuazioni, lacrime evaporate. Gli Aborigeni scuotono la testa, sapevano già tutto.
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I corvi non trovano ombra, aprono il becco, sfiatano. Koala annebbiati cadono dagli alberi. I vostri figli appena nati ne vedranno mai uno? Cavalli stramazzati, vite incenerite. Sette miliardi di umani; qui meno di tre per chilometro quadrato. Lo spazio restante è del sole. Dritti e rovesci di calore. Il deserto secca l’anima, sfibra, set dopo set, tempra, muta la lunghezza d’onda dell’esistenza.
Pensieri in polvere con sopra rettangoli bianchi, senza commento audio.
Rete. Let.
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Replay.
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Ho caldo. Mangio ravioli crudi, l’insalata dalla busta, dimentico di bere. Fiamme in tv, tra una semifinale e l’altra. Pesci immobili a galla.
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Match point. Serve.
La mando.
Refresh.
Assenza, Attesa, Arsura.
Dai, Melbourne, fammi sognare.
RE: Application
Avvampo.
“Dear (Lucy), we are pleased to confirm you…”
Sgorga freschissima l’acqua vergine della fonte.
Win.
Si annuncia la nuova stagione, e stavolta partecipo anch’io.
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