Nulla si crea e nulla si distrugge, deve aver pensato il buon aborigeno che inventò il boomerang; lo lanciò, ed esso tornò indietro.
Se tutto si trasforma e l’importante è la curvatura, allora cosa succede a raccogliere e rilanciare?
Tanti sono i boomerang: ci sono quelli della sfiga, degli stronzi, dei sorrisi, degli evitamenti… tanti quanti sono i pensieri e le idee che chiedono di cambiare forma, ciascuno con il suo ritorno già fieramente inscritto da qualche parte.
I boomerang si lanciano per analogia o per contrappasso. I primi rimettono in circolazione un’energia benigna; i secondi inseguono l’equazione che trasformi un grumo di fango nel suo contrario, perché a volte si sente il bisogno di cambiare di segno ciò che si riceve, quando non è buono. Di questo secondo tipo è il mio piccolo boomerang, che ho lanciato e chissà già dov’è finito.
Se strapperò un sorriso a qualcuno sarà servito; se innescherò una gentilezza tra sconosciuti, ancora di più.
Lo condivido perché vorrei esortare chi mi leggesse a non dimenticare che lanciare boomerang, quali che siano (ok, anche non cheesy come questo, non so cosa mi è preso :D) è salutare ed è gratis. I modi e i gesti sono infiniti. Qualcosa tornerà indietro, e magari si vedranno in giro occhi più benevoli.
Ora una dichiarazione ufficiale: ogni volta che qualcuno mi mostrerà la propria angolazione più vile, io andrò là fuori e sarò una persona migliore. Il boomerang è un vezzo retorico su carta (si capisce, no?); la questione reale sta altrove. Quindi no, la meschinità non vincerà.
Come dicono in Australia, anche per i casi in cui non ci si vedrà mai o mai più: see you later! E buon lancio.
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